Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/423

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396 SI GOR L* IKFlIflTO SÌ DfiBBA PORRfi It PROKOMK AGEUTB O L* OGGSTTO Poichè vedo che nò il Bartoli nè 1* A menta son potuti uscire del lecceto^ io voglio provare se mi riesce di fare intendere quando riufioito abbia aportare il pronome agente e quando Toggetto. Il Bartoli dice che «, Tanto sol che si faccia con maniera discreta, cioè per modo che non snoni no non so che duramente agli orecchi, come per avventura sarà dicendo: Cons^errebbe me essere laudatore; (Conoscerai te non dover ciò fare^ che son testi tratti dalle meo pregiale opere del Boccaccioi l’infinito riceve Tuno e Taltro, , Io somma egli fa questa quistione dipendere affatto dagli orecchi; e io credo bene che la mia presente fatica sarebbe stata di molto meno voluminosa s* io mi fossi contentato di pascere i miei lettori di sola armonia* Quel che piace allV recchiof quel che si fonda in su la discrezione è cosa troppo inferma (i); il gusto è troppo vago; e il giudizio raro; chi vuol porre la scienza sopra ferma base, ha bisogno di qualche cosa che contenti Tintelletto; e io dico che quei dae testi a me suonan bene, perchè veggio T intenzione deirAatore, come or ora dirò; e certo con quegli infiniti non potrebbe aver luogo Tagente, se non ponendolo dopo il verbo. L* Amenta dice che l’usar l’infinito col quarto caso«cioè con l’oggetto abbia dello affettato, e consiglia il valersi de* pice pronomi $1nota termine ultra grammaticale 1 ) cioè mi% ti% lo^ cosi Tu ti credi essere in porto in luogo di Tìite ere’ di essere in porto; e qui e* si sprofonda tanto eh* io non gli. posso più tener dietro. A voler veder lume in questa qui- | (i) Il riedere qualche Tolta airoao prìmieio e orìginalo di nn TocaLi^ U meglio intendere il vero suo senso.