Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/484

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457 non che comune, anche dispiacevole per l’opposizione che presenta il mancar della congiunzione. Fa un bello eflfetto 1* omettere cadde tra tosto e in Cesare. Già la preposizione in ti fa sentire, senza vederlo, qual verbo vi si sottintenda; ed ò grande accortezza dello scrittore il far servire il medesimo verbo cadere alla po^ tenza e ali* armi^ per aver campo di toglierne uno; e il dire la potenza e t armi cadere in rmo, è bella maniera in luogo di cadere nelle mani di uno. Il quale trovato ognuno stracco. Non posso rimanere che non faccia ancora una volta considerare quanto stia bene nel discorso il participio passato per se reggentesi, senza Tau* siliare. Il vocabolo stracco^ per lo suono è più efficace che j^anco; e par proprio sentire com* erano sazii di guerrecivili* iSV prese il tutto. Non è questo si postoci, come dicono per riempitivo; anzi vi sta con bello e significante intendimento. Vedi a carte 68, dove comincia: Ma chi mai. Diceria di Clemente centurione, nello stesso autore. Parla a Druso figliuol di Tiberio, mandato dal padre a sedare i tumulti delle legioni di Germania. A che venirci senza poterci crescer paghe ^ scemar fa^^ tiche^ far ben sperano? Flagellare sì e uccidere ci puote ognuno. Già soleva Tiberio^ con allegare Augusto^ far ire in fumo i desidera delle legioni^ or ci sden Druso con la medesima ragia. Haccis^ egli sempre a mandar pupilliì Che è ciò, che l’imperatore appunto i comodi de soldati rimet^ tdal Senato l’Quando li mandano a giustizia o a combat-^ tere, perchè non se n aspetta egli il compito altresì dal Se^ nato? Hannocisi a dare i premii passati per le filiere de consigli^ e i gastighi alla cieca? i