Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/485

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458 Questa apostrofe è piena di vivacità, d*arditeasza, e di forza, qaal si coQvieae alla bocca di un centurione e di un ribelle. Quauto più vibrato è quel a che in luogo di per guai ragione! Grand* arte è, segui tatrice de* moti passionati del parlante animo, nella trasposizione /fag^e//ar^ sì ecc«, toccando prima quel che più duole; e molto adoperante è quel sì. £ che sarebbe se avesse detto ognuno ci pub /lagelìare e uccidere? Dsi notarsi pur la bella metafora soldatesca /ar ire in fumo i desiderj; la vóce ragia^ per favola, è toscana e volgare, conveniente alla qualità dell’oratore. Interrogando voglionsi porre dopo il verbo le particelle che la enfasi non patiscono,e cominciare con parole sdrucciole se si può, quando Tinterrogazione sia accompagnata da sdegno, covaehac* cisi, hannocisi* Fa forza la ellittica espressione che è ciò^ che^ perchè breve e animata, in luogo di che vuol dir questo die. Il vocabolo concito per sentenza finale è Varo, e quindi elegante. U espressione passati per le filiere de* con’ sigli dipinge, e dar consigli alla cieca^ viva e mordente. Io voglio porre qui, in confronto di questo bellissimo animato stile, alquanto di quello del Monti, a corroborare la necessità di questa nostra fatica, e a dimostrare a occhi veggenti come la miscbianza di alcuni vocaboli e modifrancesi facciano alla lingua un tal guasto, che quasi più non paia la medesima.„ Una nazione di molti governi e molti dialetti, ac,, ciò che i suoi individui s* intendano fra di loro, ha me9, stieri d* un linguaggio a tutti comune. Questa via di co9, municazione non può essere linguaggio parlato; pp^cbè ,, ognuno di questi popoli ha il suo particolaredialetlo. Dall’ ft que è forza ch’ei sia linguaggio scritto^ e posto sotto le i