Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/220

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dalla carta; la piegò, dicendo: “sarete contento ora?” e levatisi con una mano gli occhiali dal naso, sporse con l’altra il foglio a Tonio, alzando la faccia. Tonio, stendendo la destra a prenderlo, si ritirò da una parte, Gervaso, ad un suo cenno, dall’altra: ed ecco, come al dividersi d’una scena, apparire nel mezzo Renzo e Lucia. Don Abbondio intravvide, vide, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò, prese una risoluzione: tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole: “signor curato, in presenza di questi testimoni, quest’è mia moglie.” Le sue labbra non erano ancora tornate in riposo, che don Abbondio aveva già lasciata cader la quitanza, afferrata colla manca, e sollevata la lucerna, ghermito con la destra il tappeto che copriva la tavola e tiratolo a se con furia, gittando a terra, libro, carta, calamaio e polverino; e balzando tra la seggiola e la tavola s’era avvicinato a Lucia. La poveretta con quella sua voce soave, e allora tutta tremante, aveva appena potuto proferire: “e questo....” che don Abbondio le aveva gittato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul volto, per impedirle di pronunziare intera la formola. E tosto, lasciata cadere la lucerna che teneva nell’altra mano, si aiutò anche con quella a