Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/20

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gnore, e sui titoli da dargli; cosa che soleva fare, ogni volta che lo potesse nascostamente da lui. Era, pel pover’uomo, un cruccio continuo il vedere il poco ordine che regnava intorno al cardinale, in quel particolare: “tutto,” diceva cogli altri della famiglia, “per la troppa bontà di quel benedett’uomo; per quella gran famigliarità.” E raccontava di aver perfino udito egli più d’una volta coi propri orecchi, rispondergli: messer sì, e messer no.

Stava in quel punto il cardinale a discorrere con don Abbondio, sopra faccende della parrocchia: dimodochè questi non ebbe campo di dare anch’egli, come avrebbe desiderato, le sue istruzioni alle donne. Solo, nel passar loro accanto, mentre usciva, ed elle venivano innanzi, potè far d’occhio, per dar loro ad intendere come era contento di loro, e che continuassero, da brave, a tacere.

Dopo le prime accoglienze da una parte, e i primi inchini dall’altra, Agnese cavò di seno la lettera, e la porse al cardinale, dicendo: “è della signora donna Prassede, la quale dice che conosce molto vostra signoria, illustrissima, monsignore; come naturalmente, tra loro signori grandi, si hanno da conoscer tutti. Quando avrà letto, vedrà.”