Pagina:Il crowdsourcing tra necessità di coordinamento e perdita di controllo.djvu/9

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ruolo importante l’aver posto quella che è definita premessa plausibile, ovvero una open-call concreta, realizzabile, trasparente e paritaria.
Uno dei vantaggi delle pratiche di crowdsourcing è il cosiddetto fallimento gratuito che, sia a livello macro che a livello micro, permette quella possibilità di sperimentare senza perdite che tanto le imprese quanto il mercato non possono affrontare. Dal momento che il crowdsourcing si basa per lo più sulla collaborazione tra volontari, esso permette di esplorare nuove possibilità e rischiare, senza la preoccupazione di disperdere costi monetari.
Le nuove tecnologie digitali, inoltre, rendendo nulli i costi di pubblicazione, realizzano un fenomeno di amatorializzazione di massa che permette anche ai non-professionisti la creazione e diffusione di informazioni. Viene meno il tradizionale monopolio dei professionisti e dei proprietari dei mezzi di comunicazione di massa e cambia il concetto stesso di ciò che può diventare notiziabile. Questa nuova economia dell’informazione in Rete, per dirla con Benkler, aumenta il grado di libertà e possibilità all’interno della società. Tuttavia questo fenomeno fa emergere nuovi problemi che richiedono una ridefinizione (a) dei privilegi precedentemente riservati alla categoria professionale e (b) dei diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, la creazione di user-generated content, non essendo limitata a monte, implica necessità di selezione a posteriori, tramite l’utilizzo di filtri, passaparola, tag e folksonomy.

I nuovi media introducono una inedita modalità di comunicazione “da molti a molti”, rendendo possibile la comunicazione di gruppo. Il risultato è una parcellizzazione dell’audience, da pubblico di massa a quelle che Shirky definisce small-world network. Queste reti di piccoli mondi permettono di portare a termine concreti progetti comuni e, come afferma Howe, esse sono il cuore del crowdsourcing, il contesto e la struttura all’interno della quale il lavoro ha luogo. All’interno di esse infatti si crea un sistema di obbligazioni reciproche che si traduce in capitale sociale.
Si creano così le condizioni per un processo definito da Anderson produttivismo partecipativo, che tramuta le persone da soggetti passivi in ex-pubblico e prosumers grazie alla creazione di comunità di pratica. Wenger definisce tre fattori da cui dipende il senso di appartenenza, requisito di una comunità di pratica: mutuo coinvolgimento, enterprise comune, repertorio condiviso. In base al grado di coinvolgimento degli attori,