Pagina:Iliade (Monti).djvu/536

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v.323 libro ventesimo 203

Ribattute; di bronzo le due prime,
Le due dentro di stagno, e tutta d’oro
La media che il crudel tronco represse.325
Vibrò secondo la sua lunga trave
Il Pelíde, e colpì dell’inimico
L’orbicolar rotella all’orlo estremo,
Ove sottil di rame era condotta
Una falda, e sottile il sovrapposto330
Cuoio taurino. La pelíaca antenna
Da parte a parte lo passò. La targa
Rimbombò sotto il colpo: esterrefatto
Rannicchiossi e scostò dalla persona
Enea lo scudo sollevato; e l’asta,335
Rotti i due cerchi che il cingean, sul dorso
Trasvolò furïosa, e al suol si fisse.
Scansato il colpo, si ristette, e immenso
Duol di paura gli abbuiò le luci,
Sentita la vicina asta confitta.340
Pronto il Pelíde allor tratta la spada,
Con terribile grido si disserra
Contro il nemico. Era nel campo un sasso
D’enorme pondo che soverchio fôra
Alle forze di due quai la presente345
Età produce. Diè di piglio Enea
A questo sasso, e agevolmente solo
L’agitando, si volse all’aggressore.
E nel vulcanio scudo o nell’elmetto
Avventato l’avría, ma senza offesa,350
E a lui per certo del Pelíde il brando
Togliea la vita, se di ciò per tempo
Avvistosi Nettunno, ai circostánti
Celesti non facea queste parole:
   Duolmi, o numi, d’assai del generoso355
Enea che domo dal Pelíde all’Orco