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All’età di 17 anni, faceva parte della Compagnia romana e mi trovavo al teatro detto del «Cocomero», oggi «Niccolini» di Firenze.

Una sera si rappresentava una commedia del Duca di Ventignano, intitolata: Dopo 27 anni. Nel terzo atto, la scena figurava il ritrovo di una società moderna in una sala illuminata, nella quale gli artisti della compagnia cantavano al pianoforte delle canzoni arie e duetti.

Mentre stavo emettendo la più bella nota che m’avessi, una candela della lumiera, che stava appesa nel centro della sala, cade sopra un avanzo di velo che avvolgeva la corda a cui la lumiera era appesa; e il fuoco se ne impadronisce, salendo fino alla soffitta^ nella quale si trovavano avvoltolate delle scene di carta.

Il pericolo d’un incendio era imminente, e uno spavento generale s’impossessò del pubblico e degli artisti che, subitamente, si posero a gridare:

— Al fuoco,, al fuoco! —

In un lampo, montai sopra una sedia, spiccai un salto, m’attaccai alla lumiera, che il peso del