Pagina:Issel - Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, Milano, Treves, 1876.djvu/63

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acquaiole di moncullo. 49

matissima. Da una banda e dall’altra donne e ragazzi esibiscono cinguettando nel bastardo loro dialetto, misto d’arabo e di tigrinio, datteri secchi dell’Egias, intorno a cui si radunano mosche a miriadi, latte contenuto in recipienti di paglia spalmati di sterco bovino, burro fuso in bottiglie, idromele, pani di tamarindi, ecc.; altri presenta agli avventori cocomeri, corbe di patate dolci od un cestino d’insalata. Più lungo sono esposte, sopra un banchetto, focacce di dura ancora calde, il pane del paese, e di contro un friggitore ritto alla porta della sua capanna, circondato dai fumi penetranti del burro bollente che crepita in un gran vaso di rame, immerge in quello lunghe filze di pesci, e ne li trae fuori appena cotti. Tra molte botteguccie in cui si esitano granaglie, farina, miele ed altro, merita speciale osservazione quella del semplicista, nella quale sono ostensibili in tanti vasetti di legno: un pugillo di garofani, alquanto pepe, alcun poco di henna, che serve a tingere in giallo le unghie delle mani e dei piedi, qualche frammento di galena, usata dalle donne per annerire i margini delle palpebre e le occhiaie, il kusso, rimedio sovrano contro il tenia (tanto comune in Abissinia), e molte sorta di semi ed erbe di cui ignoro il nome e l’uso.

Quivi, non poche ragazze accoccolate od appoggiate al muro attendono alla vendita d’otri d’acqua attinta ai pozzi di Moncullo, e per un prezzo assai variabile, secondo i giorni e secondo l’ora, recano al domicilio del compratore il contenuto dell’otre. Non s’incontra al certo fra queste donne quella sorta di bellezza che siamo avvezzi ad apprezzare nel nostro paese e di cui la Venere di Milo ci presenta la più perfetta effigie. Pur tuttavia, quelle loro labbra tumidette, che sembran fatte per scoccar baci, quelli occhioni limpidi, per tacere di altri pregi più reconditi, farebbero invidia a ben molte italiane. Insomma, se non si addice loro l’epiteto di belle, a buon diritto possono aspirare a quello di avvenenti. In esse l’arte non contribuisce punto a far valere le doti della natura. L’acconciatura dei capelli in tante minutissime treccie appiccicate alla testa con burro, gli anelli d’argento e d’ottone appesi alle orecchie, e lo stecco di legno confitto nel naso, nulla donano infatti alle loro attrattive. Riguardo poi alle vestimenta, una fascia di stoffa annodata alla vita, tanto lunga che arrivi fino alle ginocchia (ordinariamente