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50 viaggio nel mar rosso e tra i bogos.

d’un modello perfetto) ed una cappa di cotone turchino o di rigatino a più colori, che copre la testa e parte del tronco; ecco quanto abbisogna alla loro modestia. E già m’accadde di vedere come una di loro, intimidita da qualche indiscreta occhiata, si scoprisse il seno per celare il rossore del volto.

Dal mercato i nostri passi ci portano su di una piazza, assai più vasta di tutte le altre. Così l’ha fatta il fuoco, il quale, in mancanza di municipio, s’incarica bene spesso in Massaua di espropriazioni forzose per utilità pubblica, diradando in brevi momenti le capanne troppo fitte, come avvenne il 16 giugno, quando, me presente, una subitanea fiamma avvampò, presso la mia casa, nella parte occidentale dell’isola, ed in venti minuti ridusse in cenere gran parte d’un popoloso quartiere. Il terreno devastato dal fuoco comincia già a coprirsi di nuove abitazioni; ecco che vi si sono stabiliti due baracconi, in cui si prende il caffè; ciascuno può vedere i numerosi avventori del cafegì (caffettiere) seduti colle gambe incrociate sopra alti angareb, sorseggiare con religioso raccoglimento il prelibato liquore dell’Arabia Felice, che vien loro presentato in chicchere di porcellana (findgian) non maggiori d’un guscio d’uovo. S’intende che qui come in Egitto, la pipa è il complemento obbligato del caffè.

In molti luoghi, alle antiche capanne di paglia si vanno ora sostituendo edifizi in pietra, perchè assai meno soggetti agli incendi, e generalmente si fabbricano in uno stile arabo più o meno corrotto. Le più moderne ed eleganti abitazioni di questo genere, appartenenti a ricchi negozianti, vantano il lusso di balconi coperti, ornati di legni intagliati e dipinti talvolta a vivi colori. I materiali impiegati nelle costruzioni erano da principio unicamente polipai subfossili (astree, meandrine, poriti, ecc.) raccolti nella stessa isola o presso Ras Gerara; ma al presente si usa, di preferenza, un calcare conchiglifero recente che si esporta dall’isola di Dahlac, e precisamente dalla baia di Nucra.

Ci troviamo ora, amico lettore, al cospetto di miserabili tuguri di forma emisferica, proprio simili a quelli già descritti, dei Danakil d’Assab; alcune donne sporgono la testa fuori dell’uscio, sollevando il lembo di tela sdruscita che fa ufficio di tenda, ed ognuno può leggere su quei volti macilenti il marchio della più profonda abbiezione. Scostiamoci da codeste laide