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     Fra veglie e lieti sogni.
260All’apparir dell’alba
     Echeggia di lontano
     L’altisonante tromba,
     Suon grato e in un tremendo,
     Ch’annunziale che l’ora
     265Omai de’ giuochi è giunta,
     E che la numerosa
     Ed impaziente turba
     Sol i campioni attende.
     S’indirizzò Corinna
     270Là dove in piano immenso
     Stan mille e mille d’ogni
     Contrada della Grecia
     Uniti spettatori.
     Ella chinati i rai
     275E con incerto passo
     Attraversò le turbe
     Che immote udíano e tacite
     La gara de’ cantori.
Digià con dotti versi
     280Parea fissar la palma
     Un cittadin d’Atene;
     Allor ch’un abitante
     Della scogliosa Chio
     A celebrare imprese
     285Apollo vincitore
     Del serpente Pitone.
     Cogli animati, versi
     Dipinge il divo canto,
     Fascinante l’orecchio,
     290Del mostruoso serpe
     I furibondi moti,
     L’orribile caduta
     Cogli ultimi sospiri
     Della fuggente vita.
     295Fu dell’arena intiera
     Universal l’applauso.
Con passo mal sicuro
     Corinna innanzi venne
     Ai giudici de’ giuochi,
     300Che, palesato il nome
     Della patria e de’ suoi,
     Le fan subito cenno
     D’incominciare il canto,
     Un semplice preludio
     305Sull’ubbidiente lira
     Riverente silenzio
     Impose all’adunanza,
     E Corinna tremante
     Sciolse sua voce al canto:

     310All’ombrosa caduta
          Della sacra sorgente
          Siede il Delfico Nume,
          E con giubilo mira
          L’abbattuto Pitone,
          315Il tempio incominciato,
          La folla e i lieti giuochi
          Dei pellegrin venturi.

     Subito udir gli sembra
          Il battere dell’ali
          320D’un cigno. Ei volge ’l capo,
          E vede Amor che viene
          A lui con l’arco d’oro:
          Odesi ad ogni istante
          Del Dio nella faretra
          325Risuonar le quadrella.

     Con orgoglioso sprezzo
          Apollo mira il figlio
          Di Venere, ch’or l’arco
          Or l’aurata faretra,
          330Ora il vel che lo cuopre
          Come fanciul vagheggia.



     «Che dunque vostra Pafo
          Sì povera divenne,
          Che non abbia trastullo
          335Di tua etade condegno?
          E per sfuggir dal tedio,