Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/173

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     Qual mobile colonna,
     735Un angue smisurato,
     Custode delle spoglie.
     Tornò, tra vivo e morto,
     Alla barca correndo
     L’avventurier tremante,
     740E non osando indietro
     Volgere solo il guardo,
     Rivenne al patrio tetto.
Deh! mirate quegli alti
     Due monti, verno e state
     745Da scintillanti bende
     Di neve coronati,
     E ’n mezzo a loro un colle
     Di brillante verdura!
Qui si vede Agrafia,
     750Città novella e posta
     Sovr’eminente poggio,
     Appiè del qual si stende
     Foltissimo querceto.
     La città s’assomiglia
     755A veloce vascello
     Colle spiegate vele,
     Che rischiarato ancora
     Viene dal sol cadente,
     Mentre già l’atra notte
     760Stende l’ali sul mare.
Ecco due promontorj
     (Fine o principio d’aspra
     Catena di montagne)
     Sporger sublimi in fuori
     765Dal rïentrante lido,
     E discendendo a grado
     Ingolfarsi nell’onde.
     Ei formano profonda
     E dilettosa baja,
     770Ch’ognor solcata viene
     Da numerosi cigni.
     Altri vedi che vagano
     In disegnando cento
     Vezzosi andirivieni!
     775Altri con amorosa
     Pazïenza ammaestrano
     La tenerella prole;
     Altri, all’incerta fede
     Fidandosi dell’onde,
     780Col capo sotto l’ale
     Non curanti e tranquilli
     S’abbandonano al sonno,
     Mentre solo soletto,
     Qual vigilante guardia,
     785Sulla spiaggia renosa
     Immoto sta in un piede
     Il vago fenicoptero
     Dalle purpuree penne,
     E dalla variegata
     790Grazïosa cervice.
«Distingue l’occhio tuo,»
     Così disse il piloto
     Alla lieta Regina,
     «Quel gruppo d’isolette,
     795Ch’ora il sole, al ponente
     Chinandosi, rischiara
     Per mezzo de’ leggieri
     Vapor, che ’l lago esala?
     Direbbersi tre cigni
     800Dalle candide penne,
     Tre Veneri leggiadre
     Sorte dal sen dell’onde!
     Oscura fama dice,
     Che nel principio fossero
     805Nudi e ruvidi scogli.
     Cui la spietata morte
     Rapì nel fior degli ann
     L’unica di lei figlia,
     La generosa quanto
     810Leggiadra Cariclea;
     Lasciata l’ampia Tebe,
     E per dimora scelti
     Que’ solitarj scogli.
     Stentò con istupenda
     815Magnificenza ed arte
     A fabbricarvi un vago
     Ricchissimo palagio