Dà, regnator de’ Numi, al generoso
Campion vittoria intera!
T’immoleremo ogni anno in questo giorno 144Una sacra ecatombe.
E posaro del tempio in sulla soglia
In copia e cibo e vino,
Ed invocati ad alta voce i Numi, 148Pien di speme tornaro.
Alla sposa tremante disse Eutimo:
«Sul limitar m’aspetta,
E la pugna compita io vo’ che prima 152Te l’occhio mio rincontri.»
Con lieto sguardo entrato nel ricinto
E chiusane la porta,
Impavido del bosco all’ombra negra 156Aspettò l’inimico.
Già nel sereno e lieto cielo il sole
Ver ponente volgea,
Quando con passi, onde la terra trema, 160Il Demonio avanzava.
Salda corazza il petto ampio gli cuopre
E le robuste braccia;
Ferocemente sott’all’elmo splendono 164Gli occhi qual bragia ardenti.
«Come, o vile mortale, entrare osasti
Nel dominio d’un Nume?
Tu, temerario, vieni, nel mio regno, 168A disputar mia preda?» —
Noi, discendenti della Terra, Numi
Sol stimiamo la stirpe
Di Urano e quei, che con virtù la via 172Si apron del ciel, gli Eroi.
Ma tu, spavento dei vicini tuoi,
Sei esecrabil mostro:
La fiera zuffa incominci, e tosto; 176De’ tuoi detti mi rido. —
Alzò la clava ed occorse mugghiando
L’atro mostro all’atleta,
Che intrepido l’attende, e ognor la lancia 180Inver gli occhi gli drizza.
Ricomincia la zuffa e sempre nuova
Spiega or forza ed or arte;
Fin che ad Eutimo balenò in pensiero 184Di terminar la pugna.
Lungi da sè egli getta e scudo e lancia,
Verso il mare correndo,
E luogo adatto egli cogli occhi indaga, 188Ove atterrare il mostro.
Rapidamente il Demone lo insegue
Gridando: «E tu, codardo,
Sperar potevi di sottrarre al giogo 192Questa città, mia schiava?»
Trovato il luogo ed imbrandito il ferro,
Eutimo attende il mostro.
E di Temessa intera agli occhi, quivi 196Si rinnuova la zuffa.
Tutt’ad un tratto sè più forte vede
L’abile atleta, e piomba
Sul mostro immenso, e con mano sicura 200Nella gola il ferisce.
Poi, giugnendo la beffa all’onta, disse:
«Eccoti mia risposta,
Onnipossente Dio, regna felice 204Nella schiava Temessa!»
E poi che spenta nell’informe corpo
Fu la fiamma vitale,
Eutimo il strascinò ver l’alta sponda 208E gettollo nel mare.
Inverso il ciel salir l’onde commosse,
Qual subitanea nebbia,
E sul tramonto il sol da lor rifranto 212Iride vaga pinge.
Udito il tuffo di quel mostro orrendo
E vagheggiando l’arco,
Che sul mare si stende, i cittadini 216Alzan le mani al cielo.
Apre la porta del recinto e corre
Al vincitor la sposa:
Grata festeggia la cittade intera 220Le nozze a chi salvolla.