Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/95

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     Gli replicò, «io ti chiesi,
     390Se ancor lunghi anni in vita
     I miei vedrò:» e nuovo,
     Il fatidico augello
     Flebile mise un grido...
     Ma chi prestar mai fede
     395Potrebbe al canto vano
     D’augel, che il volgo crede
     Dell’avvenir presago?
     Pur da quel giorno Alcimna
     Fessi penosa e mesta:
     400E tal cagion m’indusse
     A qui recarla, quando
     Fur mietute le biade.
     E qui sol vidi lieta
     Dopo lunga mestizia
     405La sposa mia.»
                                   Rivolto
     Il padre a lei: «Se pure
     Dell’augure fatale
     Fosse il risponder vero,
     Perchè tanto lagnarti?
     410È dono degli Dei
     La stessa morte: Diana,
     Dopo noi, vi rimane:
     A voi sarà possente
     Proteggitrice. Spesso
     415Abbandoni tu pure
     La tua capanna, i cari
     Genitori cercando.
     E tal tua madre ed io,
     La capanna deserta,
     420N’andremo ai Numi. Vedi,
     Vedi quell’aureo sole
     Nel tramonto più grande
     Dietro a que’ monti azzurri?
     Così n’andrem noi pure
     425Al cenno della morte,
     Quand’il vorran gli Dei.
     E certo io son che alfine
     Riveder mi sia dato
     Al di là della tomba
     430Tutti i diletti miei.
Mentre così Menalca
     Alla figlia parlava,
     Taciti ritornaro
     All’ospital capanna,
     435Ove già pronto il desco
     I commensali aspetta.
Fornito il pasto, stettero
     Fra placidi discorsi
     Aspettando che in cielo
     440Cintia piena sorgesse.
     Umilmente prostrarsi
     Innanzi alla possente
     Proteggitrice Dea,
     E le stancate membra
     445Al sonno abbandonaro.
Alla paterna stanza
     Stettero ancor tre giorni
     I lieti figli: in cielo
     Sorgea la quarta aurora
     450Di rosea luce cinta,
     Ed Alcimna ed Aminto
     Entrar nell’antro sacro
     A ringraziar la Dea
     De’ suoi favori e averla
     455Pel futuro propizia.
Al lor ritorno è il sole
     Già mezzo fuor dell’onde
     Che lieve un vento increspa,
     Sì che il diresti fuso
     460Tersissimo diamante;
     I suoi raggi furtivi
     S’apron la via tra ’l folto
     Del querceto che adombra
     La paterna capanna.
     465Già di lontano s’ode
     De’ genitor la voce
     Mista de’ fanciullini
     Al franco riso. L’ava
     In mezzo a lor parea
     470Ringiovanire. Pronti
     Tutti attende la mensa