Pagina:L'asino d'oro.djvu/171

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libro settimo 155

sentirono tutti alle parole del prudente ladrone, e diedero subito ordine che colui di chi egli aveva ragionato poco innanzi, per uno fusse chiamato, e a supplemento del resto se ne ricercassero degli altri. Allora colui, partitosi prestamente, non istette guari a tornare, e menò un giovane, come egli aveva promesso, grande e grosso, e tale, che io non so se egli si poteva paragonare ad alcun di loro; perciocchè, oltre alle altre cose, egli avanzava tutti gli altri quanto egli aveva grande il capo, e allora allora gli era cominciato a venire intorno alle gote un poco di lanugine, che appena si vedeva: ma egli aveva una sua vesticciuola in dosso rattoppata con più di mille pezzi, e così misera, che a fatica lo copriva mezzo, sicchè il petto e il corpo, con una pelle veramente da uomo, non poteva fare che non si discernesse. E come egli fu giunto, e’ disse loro: Guardivi Iddio, o fortissimi giovani, e ormai fedelissimi miei compagni, ricevete volentieri un uomo d’un grandissimo coraggio; posciachè egli è divenuto de’ vostri volentieri: ricevete uno, il quale con maggiore allegrezza aspetta le coltellate nel corpo suo, ch’egli non prende l’oro nelle mani; nè come mendico uomo mi dispregiate, o stimate le virtù mie da questi panni; perciocchè io sono stato capitano d’una bellissima compagnia, e ho colle mie mani assassinata quasi tutta Macedonia. Io sono un famoso malandrino, quello Emo Teamista, il nome del quale fa paura a tutti quei paesi vicini, nato di Colle famosissimo ladrone, e nutrito ne’ pozzi di sangue degli uomini, erede ed emulo delle paterne virtuti; ma in picciolo spazio mi ha tolto la Fortuna tutti i miei valenti compagni, e privato di tutte le mie ricchezze: e questo fu, avendo io assaltato un certo agente dello imperadore, il quale aveva avuto onorevole condizione nella guerra, dipoi venuto a più bassa fortuna. Ma io vi voglio raccontar la cosa per ordine.

E’ fu un certo nella corte di Cesare per molti ufficj chiaro e riguardevole, e conosciuto benissimo dal detto principe, al quale avendo la maninconosa invidia ap-