Pagina:La Vita Ai Tempi Eroici Di Persia, Uffizio della Rassegna Nazionale, 1885.djvu/12

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10 LA VITA

non separato dalla madre sua, non si smarrì d’animo, ma con un colpo di mano allontanò e rovesciò la madre che voleva difendere il figlio, prese alla cervice il riottoso puledro e gli balzò rapidamente sul dorso. Quel destriero era tutto agile e snello, vagamente pomellato, ed ebbe da Rustem il nome di Rakhsh che significa splendente. La leggenda persiana non ha esempi veramente di quell’intima e arcana amicizia che lega il cavaliere al suo cavallo, come si trova nelle leggende arabe; pure sappiamo che Rustem e il suo Rakhsh nei campi di battaglia, nei boschi solitari, nei lunghi viaggi, s’intendevano fra loro a meraviglia e che Rustem parlava al suo destriero, come Achille a’ suoi sotto le mura di Troia; e Bihzàd, il fedel palafreno di Siyàvish, prima che il suo nobile e infelice signore morisse, ebbe il comando da lui di non lasciarsi cavalcare che dal figlio suo Khusrev, e Bihzàd intese e mantenne la parola. I cavalli degli eroi persiani piangono il fato dei loro padroni, come quelli d’Achille secondo Omero, e quelli di Ràma, secondo i poemi indiani, piangevano di quel pianto che Plinio ha cercato di descriverci e di spiegarci con poetica evidenza. Grande poi era la cura che se ne aveva; e i famigli di Rustem solevano ardere tutte le notti, sopra la porta della stalla di Rakhsh, un’erba creduta portentosa, della ruta montana, per allontanarne ogni opera di malefizio e di stregoneria.

Ma, dopo la scelta delle armi e del destriero, uno dei momenti più importanti della vita di un nobile giovinetto si era quello della scelta della sposa. Molte volte erano i genitori stessi che si occupavano di questa faccenda, e ai giovinetti, in tal caso, altro non restava che di obbedire alla loro superiore volontà, e l’obbedirvi era tenuto come pregio e virtù ed atto solenne di deferenza verso gli autori della propria vita. Intanto i genitori si davano ogni cura per cercare attorno un partito conveniente per i loro figli, e si legge di re Frédùn che dopo molto meditare e dopo maturo consiglio si appigliò ad uno spediente tutto nuovo. Aveva egli in sua casa un vecchio servo di nome Gendel, fedele, accorto e di mente acuta e penetrante. Confidatogli il suo segreto, re Fredùn lo mandò attorno con l’incarico di cercare per i suoi tre giovani figli ai quali egli non aveva ancora imposto il nome, tre sorelle figlie di re alle quali pure il padre non avesse ancora imposto un nome. Gendel andò e finalmente ritrovò che Serv, re del Yemen nell’Arabia, aveva tre bellissime figlie quali appunto richiedeva il suo principe e signore. Le figlie, non senza qualche opposizione, come or or si vedrà, furono concesse dal geloso e sospettoso padre, e i tre figli del re Fre-