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la scotennatrice 155

— Non dico di no.

— Ed in alcuni giorni si possono fare molte cose e possono succedere molti casi.

— Sì, molto belle le speranze.

— Questi legami si possono rodere.

— Lo ammetto, Harry. I nostri denti sono ancora buoni. E poi?

— E poi tenteremo di sfondare l’ostacolo.

— Uhm!... Gl’indiani non saranno stati così minchioni da far cadere sull’apertura un sassolino di poche libbre.

«Ma... toh!... Non sentite voi un odore nauseabondo, come di carne corrotta?

— Questa caverna avrà servito d’asilo a qualche belva — disse l’indian-agent. — Ci saranno degli ossami e degli avanzi di bestie.

— Corpo d’una granata!...

— Che cosa avete, Turner?

— John, io comincio ad avere paura, io che non ne ho mai avuta, ve lo assicuro, durante tutta la mia vita così ricca d’avventure straordinarie.

— Spiegatevi meglio, Turner: vi confesso che non riesco a capirvi.

— Quando gl’indiani che Sandy guidava sono partiti, che cosa portavano?

— Non saprei dirvelo: dei lunghi pacchi avvolti in vecchi stracci ed in vecchie pelli di bisonte.

— Non avevano l’apparenza... di essere dei corpi umani?

— Che cosa dite, Turner?

— Che mi sento rizzare i capelli sulla fronte.

— Voi credete che quegli indiani abbiano portati qui dei morti?

— Quelli che noi abbiamo uccisi intorno al big-tree.

— E voi supponete che li abbiano messi qui?

— Questo odore pestifero non può provenire che da carne che si corrompe.

— Che cosa ha inventato quella terribile Minnehaha?

— Un supplizio ben più spaventoso della scotennatura — rispose Turner.

— Sarebbe troppo!...

— Quella donna, John, possiede più fantasia degli inquisitori di Spagna.

— Il fatto è — disse Harry — che questo puzzo è insopportabile. Voglio assicurarmene. Giorgio, hai ancora l’acciarino e l’esca?

— Sì, fratello.

— Accosta la tua bocca ai miei polsi e rodi le mie corde. I tuoi denti sono buoni ed in pochi minuti potrai rendermi la libertà.

«Poi mi occuperò io dei camerati.

— Accostati, Harry, se ci vedi ancora un po’ tu, poichè io non ci vedo affatto.