Pagina:Le dicerie sacre.djvu/402

Da Wikisource.

Diceria ITI. j 9 ; certa quefto fiero, e fupetbo Cane , anzi pili che mai ne’feguaci di Chrifto crudclmentej imperuerfa ? Vorremo noi , ò Caualicri , anzi nafcoudertiì, che tapprefentatui ne’trofèi di quel Barbaro furore le proprie roume , fe non chefperiamo con la tragica villa delle noftre (ciagute fatui pietà . Mirate il liuore delle catenese ci premono le gole. Riuolgeteuialla grondaia del fangue checipioue dalle ferite , Ma chc può elTcrc più degno di compatitone , che vedere da'nottri feni le fempliciVerginelle rapite , a’prottiboli condurre, c dalle noftre poppe i miferi bambini, fuelri , & alle (acre acque del battefìmotubbati, rrafportare i ..* profani Afili delle maluagie Mefchite ? Quanti Sacerdoti fcherniti ? quanti tempij profanati I quante facre imagini guitte ? quante venerande reliquie calpeftite ? Chi può contare gl'incendi delle biade, le rapine de gli armenti , i faccbi delle ville, le catiiuità delle genti ; O flagello tanto più moiette, quanto meno vendicato 1 Che eioua all'vru di noi Ja clemenza dell’aria, la fecondità del terreno , l’amenità de'giardini, la bellezza delle habitatrici, l’altezza del monte Olimpo, la gloria del tempio di Venere? Et all’altra che vale la ferenti perpetua , che ne’più nubilofi giorni vede il iole l’antica libertà , c’hebbe in fu* balia il Pren- cipato del mare ; il Colollo tanto celebre t fudato da Charete Lindo per dodici anni continoui : il muro tanto famofo , che per io mezo la dunde in due parti ; In forte punto volfe il Cielo fàuorirci cotanto , fe doueuano poi folo ad rn’empio , & inhu- matio Signote eller fetuli, e ricche. Quanto ne-