Pagina:Le monete di Venezia.pdf/100

Da Wikisource.

enrico dandolo 83

sovrani orientali, bensì i capelli lunghi sono la sola decorazione del capo e ricordano gli usi franchi e longobardi, presso i quali questo distintivo era quello dei principi e dei grandi personaggi. Questa composizione caratteristica, che fu conservata con lievi modificazioni di forma nella moneta veneziana di tutti i tempi, è tolta di pianta dalle bolle di piombo che i dogi usavano attaccare ai diplomi per antichissima consuetudine. Basta vedere le poche bolle che esistono anteriori all’istituzione del grosso, e cioè quelle di Pietro Polani, di Sebastiano Ziani, di Orio Malipiero e quella dello stesso Enrico Dandolo, per riconoscere che l’intagliatore dei coni copiò le due figure rappresentate sul sigillo facendovi un leggiero cambiamento, che è la soppressione della sedia o cattedra del Santo, raffigurandolo in piedi anziché seduto. Non è un fatto nuovo nè isolato nella storia numismatica del medio evo, che le monete traggano il concetto ed il disegno dai sigilli, e lo dimostra il dotto signor C. Piot in una notevole monografia intitolata: «Etude sur les Types» pubblicata nella Revue de la Numismatique Belge1, con esempi tolti dalle monete della Francia e dei Paesi Bassi, a cui se ne potrebbero aggiungere altri di altri paesi. Per rimuovere ogni dubbio, basta osservare la bolla in piombo del doge Orio Malipiero, che ho la fortuna di possedere nella mia raccolta, e il disegno esattissimo che si trova alla pagina 79 servirà meglio delle parole a dimostrare la giustezza del mio assunto.

È degno di essere notato il modo insolito con cui sono disposte le iscrizioni su questo sigillo. Presso al Santo ed al doge sta scritto il nome e la qualifica di ognuno dei due personaggi, ma parte dell’iscrizione è posta a destra, parte a sinistra della stessa figura, ciocchè lascia supporre che in tempi più antichi essa dovesse correre tutt’attorno la testa come si vede in alcune immagini di santi bizantini. Nel grosso e nei sigilli posteriori fu ancora modificata la forma delle iscrizioni, ma lungo l’asta dello stendardo restarono le tre lettere d v x, l’una sotto l’altra, in una posizione che non ha altri esempi e tale che non si

  1. Revue de la Numismatique Belge, Tome IV, Bruxelles 1848.