Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/107

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intorno alle cose che stanno in su l’acqua ecc. 103


spazio, saldissimamente stanno congiunti, né senza gran forza si separano: ma perché l’aria, l’acqua e gli altri liquidi molto speditamente si figurano al contatto de’ corpi solidi, sì che la superficie loro esquisitamente s’adatta a quella de’ solidi, senza che altro resti tra loro, però più manifestamente e frequentemente si riconosce in loro l’effetto di questa copula e aderenza, che ne’ corpi duri, le cui superficie di rado congruentemente si congiungono. Questa è dunque quella virtù calamitica, la quale con salda copula congiugne tutti i corpi che senza interposizione di fluidi cedenti si toccano: e chi sa che un tal contatto, quando sia esquisitissimo, non sia bastante cagione dell’unione e continuità delle parti del corpo naturale?

Ora, seguitando il mio proposito, dico che non occorre che ricorriamo alla tenacità che abbiano le parti dell’acqua tra di loro, per la quale contrastino e resistano alla divisione distrazione e separazione, perché tale coerenza e repugnanza alla divisione non vi è: perché, se ella vi fosse, sarebbe non meno nelle parti interne che nelle più vicine alla superficie superiore, tal che la medesima tavoletta, trovando sempre lo stesso contrasto e renitenza, non men si fermerebbe a mezzo l’acqua che circa la superficie; il che è falso. In oltre, qual resistenza si potrà porre nella continuazion dell’acqua, se noi veggiamo essere impossibil cosa il ritrovar corpo alcuno, di qualunque materia figura e grandezza, il quale, posto nell’acqua, resti, dalla tenacità delle parti tra di loro di essa acqua, impedito, sì che egli non si muova in su o in giù, secondo che porta la cagion del suo movimento? E qual maggiore esperienza di ciò ricercheremo noi, di quella che tutto il giorno veggiamo nell’acque torbide, le quali, riposte in vasi ad uso di bere, ed essendo, dopo la deposizione d’alcune ore, ancora, come diciamo noi, albicce, finalmente dopo il quarto o ’l sesto giorno depongono il tutto, restando pure e limpide; né può la loro resistenza alla penetrazione fermare quegli impalpabili e insensibili atomi di rena, che, per la loro minimissima forza, consumano sei giorni a discendere lo spazio di mezo braccio?

Nè sia chi dica, assai chiaro argomento della resistenza dell’acqua all’esser divisa esser il veder noi così sottili corpicelli consumar sei giorni a scender per sì breve spazio: perché questo non è repugnare alla divisione, ma ritardare un moto; e sarebbe semplicità il dire che una cosa repugni alla divisione e che intanto si lasci dividere. Nè basta introdur