Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/364

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356 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

ragione, dubito grandemente che io ancora sarei stato assai più ritroso contro al sistema Copernicano, di quello che stato non sono doppo che più chiara lampada che la consueta mi ha fatto lume.

Sagr. Or dunque, signor Salviati, vegnamo, come si dice, alle strette, chè ogni parola che si spende in altro mi par gettata via.

Salv. Eccomi a servirvi.1 Già vi ho disegnto la forma del sistema


[Simp. Di grazia, signori, permettetemi che io riduca a tranquillità la mia mente, che ora mi ritrovo molto fluttuante per certo particolare pur ora tocco dal signor Salviati, acciò che io possa poi, spianate che siano l'onde, più distintamente ricever le vostre specolazioni: imperò che non ben s'imprimano le spezie nello speccio ondeggiante, come il Poeta latino graziosamente ci espresse dicendo:

. . . . . . . . . . nuper me in littore vidi
cum placidum ventis staret mare.

Salv. Voi avete molto ben ragione, e però dite i vostri dubbii.

Simp. Voi avete ultimamente spacciati per egualmente d'ingegno ottuso quelli che negano alla Terra il moto diurno, perchè non si veggono da quello trasportare in Persia o nel Giappone, e quelli che son contrarianti al moto annuo per la repugnanza che sentono nel dovere ammettere che la vastissima e gravissima mole del globo terrestre possa sollevarsi in alto e quindi calare abasso, come converrebbe che facesse quando intorno al Sole con tal movimento si rigirasse: ed io, non prendendo rossore d'essere annumerato tra questi sciocchi, sento l'istessa repugnanza nel mio cervello, quanto però a questo secondo punto che oppone al moto annuo, e massimamente mentre veggo quanta resistenza faccia all'esser mossa anco per piano, non dirò una montagna ma una pietra che piccola parte sia d'una rupe alpestre. Però, non disprezzando affatto simili instanze, vi prego a risolverle, e non solo per me, quanto per altri, a i quali sembrano concludentissime; perchè ho per assai difficile che alcuno, per semplice che sia, conosca e confessi la sua semplicità, mosso dal solo sentirsi reputare per tale.

  1. Nell'esemplare dell'edizione originale posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, dopo le parole «Eccomi a servirvi», che sono a pag. 325, si vede un segno di que- sta forma «Δ»; e dopo la pag. 408, sulla quale termina la Giornata terza, sono inse- rite alcune carte che contengono, di mano di Galileo, la seguente aggiunta, a cui prece- dono le parole pur di Galileo : « Δ a fac. 325 va il seguente discorso, al segno Δ»: