Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/658

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650 esercitazioni filosofiche


ordinarie, già che, rimirate por linea retta con le nostre, non potrebbono lasciar conoscere la distanza, ondo le stimaressimo nuvole attratte dalla Terra ed, in una parola, non sapessimo distinguerle, e perciò o che non vedressimo la Luna, o quando la vedessimo sarebbe necessariamente sereno e delle nostre nuvole e delle sue; ed ecco il vostro eterno sereno della Luna, che non è mai tale se anco non è sereno a noi. Conseguente a ciò, vi risponderei delle rugiade e de’ fiumi. Delle differenze de gli animali, ho detto quanto a questo proposito mi è parso a bastanza. Che nella Luna non sia accidente alcuno che si confaccia con i nostri, che si ricercherebbono per produr effetti simili, secondo le vostre precedenti asserzioni sarebbe falsissimo, essendo ivi (pur secondo voi) l’atti tudine alle generazioni e corruzzioni, che sono capo e radice legitima de gli altri effetti conseguenti, come ho mostrato di sopra; quantunque alla vostra intelligenza forse non parrà inconveniente nò ripugnante dar cagioni oziose, inutili e totalmente da niente nell’ordine divino dell’universo.

Argomenti per il moto della Terra e soluzioni.

Esercitazione Sesta.

Nel principio del vostro secondo Dialogo, doppo aver detto ed esagerato molto ed in molte maniere, più con invettive che con ragioni, contra la dottrina e più contro i seguaci di Aristotile, toccate un punto da non trapassarlo con silenzio, pei esser tonte e radice di molte conseguenze importanti alle controversie, e pregiudiziali alle posizioni peripatetiche: cioè che esso Aristotile,

1. servendosi del perturbato, ha messo tal volta la prova di una proposizione tra testi che par che trattino di ogni altra cosa: e però insogna saper accozzar ben questo testo con un altro remotissimo; e chi avrà questa prattica, saprà cavar da suoi libri le dimostrazioni di ogni scibile, perchè in essi è ogni cosa. E soggiungete, impugnando questa posizione (che fate dirla al vostro Simplicio), che se ciò bastasse, voi con i versi di Virgilio o di Ovidio, formandone centoni, esplicherete con questi tutti gli affari de gli uomini ed i segreti della natura; anzi, che questo farete col libretto dell’alfabeto, nel quale si contengono tutte le scienze; e chi saprà ben accoppiare ed ordinare questa e quella vocale, con quelle consonanti o con quell’altre, ne cavarà le risposte verissime a tutti i dubbi e gli insegnamenti di tutte le scienze, come il pittore da varii colori (ne i quali niuna figura è attuale è distinta) dipinge uomini, fabriche, animali, ucelìi etc. Talcheè, per questa via, Aristotile niente avrebbe insegnato di espresso più di quel che si faccia un alfabeto, etc.; e cito i suoi seguaci, troppo pusillanimi, per ricuoprirsi con l’arme di altri, non avendo ardire di comparir con le proprie, gli hanno data auttorità che egli non si avrebbe arrogata giamai, etc.