Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/1045

Da Wikisource.

sua impresa. Io poco assuefatto e poco abile a trattare cogli uomini, sono in un grande impaccio, detestando da una parte la noia e l’inutilità di questo assunto, e sospirando per Bolo- gna; ma dall’altra parte o non osando o non sapendo contrap- pormi al volere di Stella, perchè sono pur troppo solito a cedere alle istanze altrui, non ostante ogni danno ed incomodo che me ne segua, e perchè l’avermi lo Stella pagato il viaggio da Reca- nati a Milano, mi fa credere di essere in certa maniera ridotto alla obbligazione di servirlo. Nondimeno farò pure ogni sforzo per trarre dalla mia debole e sciocca natura il vigore necessario a svilupparmi da questi lacci. Qui non ho conosciuto ancora se non pochissime persone di merito, e tra queste niuna che mi paia disposta a concedermi la sua amicizia, eccetto il Cav. Monti, al quale ho portato i suoi saluti e quelli del Co. Pepoli e del Prof. Costa, e che mi ha parlato di Lei con lode e con amor grandissimo. Mi ha trattato molto benignamente e mi ha dato licenza di vederlo spesso. In questa solitudine (che Milano è veramente tale per me) non ho maggior consolazione che di ripensare a Lei, e di con- gratularmi colla Italia che la natura abbia posto tanta virtù, tanto ingegno, tanto sapere e tanta bontà in un giovane Signore for- nito di tutti gli aiuti possibili per valersi di questi doni. Mi con- sola ancora lo sperare che Ella mi voglia bene, e che la nostra lontananza, o breve o lunga che debba essere, non sia per estin- guere l’amicizia che Ella si è compiaciuta di significarmi in Bolo- gna. Avrò per gran favore che Ella voglia salutare in mio nome la Contessa e il Conte Pepoli. Ma questa lettera pessimamente scritta e non comportabile se non da un amico suo pari, desi- dero che Ella non voglia mostrarla ad alcuno, anzi ne la prego di cuore. Ella mi adoperi se son buono a servirla, e tenga per fermo che un più valente e un più fortunato amico Ella potrà ben trovare senza difficoltà, ma non un più tenero, più caldo, più sincero, più fermo, nè uno che l’ammiri più intimamente del suo Giacomo Leopardi.