Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/1052

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720. Ad Antonio Papadopoli.
Milano 19 Agosto 1825

Conte mio pregiatissimo. Ho ricevuto la cara sua degli 8, e la ringrazierei di quel che Ella mi scrive, se fosse lecito o anche non assurdo il ringraziare altrui dell’amicizia e dell’amore che ci è conceduto. Le grazie che io le renderò saranno di amarla quanto me stesso, che è l’una delle poche cose che io so far veramente bene. Con lunga e ferma resistenza ho conseguito che lo Stella si persuada di non potermi indurre a dirigere, come egli dice, la sua maledetta edizione cice- roniana. Tornerò indubitatamente a Bologna; ma per quanto desiderio io n’abbia, e per molto ch’io m’affatichi di sbrigarmi da quello che mi resta a far qui, e che salve le leggi della civiltà, non posso tralasciar di fare per lo Stella, veggo che il tornare nel termine che io le aveva stabilito, cioè dentro questo mese, non mi sarà possibile. Mi trovo colle mani nel vischio, e non ne arrivo a spiccar l’una, che non vi resti appiccata l’altra. Questo io le doveva avvisare, secondo che restammo d’accordo, e adem- pio in questa parte la mia promessa. Ho ferma speranza di potere esser costì dentro il mese prossimo; e se potrò, non accade sog- giungere che verrò, e subito. Monti è ora a Como. Zaiotti, Compagnoni1 e quasi tutti gli uomini di valore sono in villa, e però non gli ho potuti ancora vedere. La prego a salutar caramente per mia parte, e ringra- ziare della memoria che hanno di me, la Contessa e il Conte Pepoli, e il Prof. Costa. Poiché la fortuna, tra i molti mali e i pochi beni che mi ha fatti in mia vita, mi ha pur conceduto due cose per le quali fammisi perdonar molialtre offese,2 cioè di conoscere Lei e di essere amato da Lei, resta che ora mi con- ceda di servirla, al che non so veramente se io sarò così atto come ad amarla. Ma Ella faccia quanto a se ch’io mi possa lodare della fortuna anche in questa parte, e quanto all’opera mia, Ella avrà caro, se non altro, il buon volere. Il suo Leopardi