Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/1078

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tanto diverso da quello delle antiche nazioni. Infatti è certo che l’uomo vive troppo poco per invecchiare. Un sentimento interno ci dice mille volte che una vita così breve non può bastare a smorzare il fuoco del nostro animo. Non v’è quasi carriera che l’uomo possa percorrere intiera; egli dunque morirà prima di avere esaurito quanto aveva a fare, dunque morirà con dei desiderii, dunque morirà ancor giovane; d’onde la noia. Una sciocca filosofia, vedendo che si moriva, ne ha dedotto che si doveva invecchiare; gli uomini sono tutti recisi in erba. Biso- gna essere ben superbi di sè stessi per sostenere che, in così poco tempo, delle qualità morali possano arrivare alla loro perfezione, in modo che sian già mature per la decadenza. La mutazione del periodo della vita umana è un fatto che concorre a provare, come la natura non volea che l’uomo s’annoiasse, perchè i bambini non s’annoiano, e l’uomo muore bambino. Ma non si potrà mai cessar di maledire quella causa che ha introdotto e mantiene la noia al mondo. A questo passo preci- samente, una boccetta d’aceto che avevo sul tavolino, mi si è rove- sciata sopra la lettera; sicché, come puoi supporre, le mie maledizioni si sono dirette altrove. Del resto, Buccio mio caro, sebbene io sia oramai in un desiderio di rivederti e ritoccarti, che tu non puoi credere, pure non posso che consigliarti a conservare con ogni cura la posizione, in cui sei; e per ciò che vale in sè stessa, e perchè può riguardarsi come il primo passo a cose migliori. Non v’è dubbio che in pochi mesi tu sei al caso di farti far patti molto più vantaggiosi, oltre tutte le contingenze che ti può presentare la conoscenza di signori distinti, ec. Ma non ti fare spingere da qualsivoglia malinconia a rilegarti in Recanati, perchè mi sembra una delle poche cose che meritino compianto, il dover dimo- rarvi. Addio, caro. Devo cedere il foglio a Paolina. Dimmi, tu che stai fra le specule: E una cometa quella che ora si vede? Addio. Addio. Con dispiacere vedo che Carlo avrebbe altre cose a dirti, che sareb- bero certo più importanti delle mie, e a te più care; poiché io non ho altro a dirti, Giacomuccio mio, che quanto di cuore io mi rallegro con te per ciò che noi chiamiamo il principio delle tue felicità e della tua fortuna, quanto mai io goda nel saperti un poco più vicino a noi che non eri, stando a Milano; chè ci amareggiava tutti in gran modo, vedendo quanto era mai difficile l’avere tue nuove da noi desiderate a braccia aperte ad ogni venuta della posta, ma quasi sempre inutil-