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Ad Antonio Papadopoi.i. |
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Antonino mio caro
La tua lettera mi sarebbe stata di consolazione grande, se
non fossero le cattive nuove che tu mi dai del tuo stato, e che
la Contessa mi conferma pur troppo continuamente. Possibile
che la buona e bella stagione non ti faccia profitto alcuno? E
pur sempre vero che chi più merita, meno è favorito dalla feli-
cità. Del Petrarca sono usciti tre volumetti. Gli altri seguite-
ranno presto, perchè il manoscritto è terminato. Ma ella è un’o-
pera, fatta senza inclinazione alcuna, per soddisfare a un libraio,
che ne aspetta molto guadagno. Io non la tengo per mia, e tu
non ci pensare. I Moralisti saranno stampati dopo finito di stam-
pare il Petrarca. Del Cicerone dee venir fuori il primo volume
dentro questo mese.1
Io vivo qui una vita bastantemente comoda, e libera come
l’aria; che è tutto quel che io desidero dalla fortuna. Della salute
sto competentemente bene. Del resto mi annoio mortalmente
il giorno e la notte. Starò qui tutta l’estate, poi tornerò a Reca-
nati, e di là forse andrò a passar l’inverno a Roma.
Antonino mio, se l’amor vero, vivo e costante di un amico
ti può consolare in qualche parte della indisposizione della salute,
e della noia che tu provi in cotesto soggiorno, ti prego ad aver
per fermo ch’io t’amo di tutto cuore teneramente, e che ti amerò
nello stesso modo sempre. Se i tuoi patimenti ti lasciano luogo
a ricrearti cogli studi, dimmi che leggi o che scrivi, e che mediti
di scrivere. Tu hai un bellissimo ingegno che, se la salute te lo
consente, conviene che tu faccia fruttare, in conforto ed onor
tuo proprio, e in benefizio della nazione. Amami, e curati quanto
sai. Addio addio.
il tuo Leopardi