983. |
Ad Antonio Papadopoli. |
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Antonino mio
Puoi pensare quanto mi abbia consolato la tua de’ 18 Ago-
sto, nella quale mi avvisi del miglioramento della tua salute, e
delle buone speranze che tu ne hai per l’avvenire. Non potevi
darmi novella più cara di questa. Ma ti prego ad avvertire che
il miglioramento non ti faccia confidente in modo che tu rimetta
dell’attenzione e della cura che ti conviene aver sempre alla tua
salute, finché non sei risanato e confermato del tutto. Io par-
tirò di qua verso i quindici del venturo. Andrò a Recanati, e
di là forse a Roma, come ti scrissi. Io sono costretto a fuggire
in ogni modo il freddo, che qui neH’inverno è formidabile, e
che mi nuoce nella salute indicibilmente. Comunque del resto
io mi trovassi bene in Bologna, starei pur male quando non vi
fossi sano, e la salute è il principale, anzi l’unico bene che io
cerco in questa vita. Niente poi mi vieterà di tornare in Bolo-
gna qualunque volta ch’io voglia. Il mio Petrarca non è finito
ancora di stampare. N’è pubblicato il primo tomo, cioè la prima
metà, ch’è uscita per volumetti.1 I Moralisti non sono ancora
sotto il torchio. Addio, caro e singolare amico. Voglimi sempre
bene, e fa che si verifichi la bella speranza che tu mi dai della
tua guarigione intera. Addio addio. T’amo come sai.
Il tuo Leopardi
984. |
Ad Antonio Fortunato Stella. |
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Sig. ed Amico Pregiatiss.
Le confermo la mia de’ 26 dello scorso: e sono ora a parlarle
distintamente del Cinonio, del quale dopo aver seriamente messe
le mani in pasta, posso e debbo darle un conto più esatto che