Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/202

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nare al molto affetto mio una poco discreta prolissità. Primieramente le dirò che il Monti la ringrazia de’ suoi cari saluti. Io poi non mi sazio di una dolcezza che gusto parlando frequentissimamente di lei col Monti, che non è men buono che grande, e con quel vero Angelo del Mai, sommamente valoroso e amabile. Pensando io spessissimo con vero stupore c molta tenerezza al sapere di VS. (del quale e il Monti e il Mai, che non deono maravigliarsi per poco sogliono al pari di me stupirsi) sono entrato in un timore, nel quale pur troppo lo Stella mi ha poi confermato. Ho dunque temuto che VS. abbia dalla natura una complessione delicata, senza che non potrebbe avere così fino inge- gno: ed ho temuto che a questa delicatezza abbia VS. poco rispetto con un soverchio di fatiche. Per quanto eli’ha di caro al mondo, Con- tino mio, e per questi medesimi studi ne’ quali è innamorato, si lasci pregare e supplicare da un suo affezionatissimo: per carità di se e di tutti quelli che già l’ammirano, e tanto aspettano da lei, riconosca e senta e osservi la necessità di moderarsi nello studio. Chi vuol esser liberale, non dee gittare il patrimonio, e distruggere i mezzi della libe- ralità. Poich’ella sì nobilmente si è dedicato agli studi, pensi a poter sempre studiare. Ma s’ella si rovina, come potrà poi continuare? e quando non potrà più studiare, come potrà sopportare la vita? Il sover- chio studio rintuzza l’ingegno, e Io fiacca; distrugge la sanità. S’ella in questa giovinezza studia più di sei ore al giorno, mi creda che fa male, e male grande. Ella verrà presto in cattivo stato. La supplico dunque ad interrompere gli studi con quegli esercizi che dando vigore al corpo svegliano la mente: passeggiare, cavalcare, schermire, nuo- tare, ballare, giuocare al pallone, a palla e maglio. L’incessante studio rovina lo stomaco, rovina la testa, cresce la malinconia, scema le forze della mente. Non cesserò mai di pregarla che in questa tenera giovi- nezza studi in maniera che non si tolga di poter proseguire. Perdoni all’amore, che già grande io le porto e le dichiaro, se con tanto libera fiducia la prego di cosa che a lei, e all’onor degli studi tanto importa. E in questo son certo ch’ella vede come io ho ragione evidente. Del- l’amor della gloria non le voglio parlare ora: che richiederebbe discorso lungo; al quale aspetto una confidenza tra noi più adulta e confermata. Ma dell’amore alla patria sin da ora posso dirle l’animo mio. Grande- mente mi consola quella sua nobile parola di aversi riconosciuta per patria l’Italia. Oh se di molti suoi pari fosse questo santo pensiero, già sarebbe l’Italia - donna di provincie, e non bordello - nè sarebbe ostello di dolore - e sarebbe nave ben corredata che non temerebbe