Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/217

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che qui si possano far bene? Non dirò che con tutta la libreria io manco spessissimo di libri non pure che mi piacerebbe di leg- gere ma che mi sarebbero necessari; e però Ella non si meravi- gli se talvolta si accorgerà che io sia senza qualche Classico. Se si vuol leggere un libro che non si ha, se si vuol vederlo anche per un solo momento bisogna procacciarselo col suo danaro, farlo venire di lontano, senza potere scegliere nè conoscere prima di comperare, con mille difficoltà per via. Qui niun altro fa venir libri, non si può torre in prestito, non si può andare da un libraio, pigliare un libro, vedere quello che fa al caso e posarlo: sì che la spesa non è divisa, ma è tutta sopra noi soli. Si spende conti- nuamente in libri, ma la spesa è infinita, l’impresa di procac- ciarsi tutto è disperata. Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per se, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de’ propri studi, chiedere aiuto e consiglio, pigliar coraggio in tante ore e giorni di sfinimento e svogliatezza, le par che sia un bel sollazzo? Io da principio avea pieno il capo delle mas- sime moderne, disprezzava anzi calpestava lo studio della lin- gua nostra, tutti i miei scrittacci originali erano traduzioni dal Francese, disprezzava Omero Dante tutti i Classici, non volea leggerli, mi diguazzava nella lettura che ora detesto: chi mi ha fatto mutar tuono? la grazia di Dio ma niun uomo certamente. Chi m’ha fatto strada a imparare le lingue che m’erano neces- sarie? la grazia di Dio. Chi m’assicura ch’io non ci pigli un gran- chio a ogni tratto. Nessuno. Ma pognamo che tutto questo sia nulla. Che cosa è in recanati di bello? che l’uomo si curi di vedere o d’imparare? niente. Ora Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo, tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci sono che chi non è insensato arde di vedere e di cono- scere, la terra è piena di meraviglie, ed io di dieciott’anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morrò dove sono nato? Le pare che questi desideri si possano frenare? che siano ingiusti sover- chi sterminati? che sia pazzia il non contentarsi di non veder nulla, il non contentarsi di Recanati? L’aria di questa città l’è stato mal detto che sia salubre. E mutabilissima, umida, salma-