si può muovere eccetto lei, e bisogna venirla a trovare. Speranze
non fondate sopra di me, che oltreché non son terreno p[er]
questo non vogliate far della mia vita più capitale che non ne
fo io, che ogni giorno lo conto p[er] guadagnato. Addio, Gior-
dani mio. M’è gran conforto il pensare a voi in questa mia p[er]
più cagioni da qualche tempo infelicissima e orrenda vita. Di,
meliora piis:2 miglior vita al mio dolcissimo Giordani!
il tuo Leopardi
L’inno a Nettuno ha avuto fortuna a Roma dove meno dovea.
S’arrabattano p[er] trovare quel Ciamberlano,5 il quale p[er] la
paura è corso subito a intanarsi, e rannicchiarsi in me di maniera
che siamo diventati tutt’uno. E sì come lassù il saper leggere
non è da tutti, credono che la Vaticana m’abbia somministrato
l’inno (quando io a bello studio ho detto che è stata una piccola
libreria di pochissimi manoscritti) e il Custode di quella biblio-
teca giura che scoprirà chi ne l’abbia cavato senza saputa sua.
Piacenza 24. luglio [1817] |
Mio adorato Contino. Gran piacere certamente ricevo dalla vostra
amabilissima dei 14: ma anche assai dolore. Oh che è questa vita
vostra infelicissima ed orrenda? Per dio mi lacerate il cuore. Non so
indovinare ciò che vi molesti: ma troppo chiaro veggo che non siete
sano, o almeno vigoroso. Per carità abbiatevi ogni possibil cura. Eser-
citatevi, divertitevi. Io fermamente mi son posto in cuore che voi
dovete essere (e voi solo, ch’io sappia, potete essere) il perfetto scrit-
tore italiano,1 che nell’animo mio avevo disegnato da gran tempo, a
una certa foggia romanzesca, come il re di Senofonte, e l’orator di Cice-
rone, e tenni per verificato in voi, appena vi conobbi. Dunque non
mancate a tanta gloria vostra, ed onor d’Italia, e consolazion mia. Vi
scriverei molto lungamente su questo: ma sono maledettamente affret-
tato da importune brighe. Nulla ricevo da Milano della vostra lettera
col parere sul Dionigi, e gli associati ai Colombini: oh dorrebbemi pur
assai che fosse smarrita. Se dopo ricevuta questa vi occorresse seri-