Mio Caro Giacomino. Oh è pur venuta adagio la vostra dei 3., arri-
vata solamente la sera dei 17. Dovrebb’esservi giunta un’altra mia che
vi avvisava il mio presto partire da Milano per Piacenza, e quindi il
muovermi verso Venezia: dopo che vedrò pure il mio tanto deside-
rato Giacomino. Che se in questo intervallo vi occorre di scrivermi,
mandate sempre per più sicurezza di non ismarrirmi al quartier gene-
rale di Piacenza.
L’autore di quell’articolo frontoniano è l’Abate Peyron di Torino,
ed ivi (credo professore e bibliotecario) che ha riputazione di princi-
pale grecista, e di molto dotto; e sa anche alcune lingue orientali. Pec-
cadigli di greco parve anche a me di vederne; ma di grossi non me
ne accorsi: ben mi parve trovarne di badiali in latino. Ma così è, mio
caro Giacomino. Fu vero anche assai prima che lo dicesse Giusto Lip-
sio, e sarà vero sempre, che Alii habent, alii merentur famam. Vedete
dunque sino a qual segno se ne dee far conto. Grandissimo conto e
cura dovete far voi della salute; e non cesserò mai di raccomandar-
vela. Avete avuto l’opera di Monti sulla lingua, della quale è uscito
l’altro dì anche il secondo tomo?1 Riveritemi il Signor Padre e il fra-
tello. Io ho pure una grande consolazione pensando che in luglio vi
vedrò, e ci parleremo assai. Addio carissimo ed ottimo e desideratis-
simo giacomino. Addio addio.
Mio Carissimo. Vi scrivo, come mi dite, a Piacenza p[er] darvi
il buon viaggio, e ringraziarvi del pensiero che avete di racco-
gliere le mie povere coserelle giovanili,1 a cui darò un’occhiata,
e metterò da parte quelle che crederò che si possano ristam-
pare, cioè meno della metà, come penso che giudicherete anche
voi, aggiuntaci però se vorrete qualche bagatella inedita. Ma