Questa è la terza che vi scrivo costà; la prima raccomandata
al Sig. Avv.° Brighenti in risposta alla vostra ultima di Vicen-
za, la seconda in risposta all’altra dei 6, questa dietro all’ultima
dei 15, alla quale rispondo prima ch’io posso come ho fatto alle
due precedenti. Che vi lagniate di me, credendo ch’io non v’ab-
bia scritto, non mi duole, anzi mi piace. Ma mi dispiacerebbe
da vero che questa non vi arrivasse, e temendo forte che non
succeda, la mando alla posta di Loreto, perchè intendo che questo
sia il più sicuro. Per amor di Dio, che minacce son quelle che
mi fate nell’ultima vostra? Che vi lagniate di me innocente, come
ho detto, non mi dispiace, ma queste minacce mi spaventano.
Se il disagio che vi dee costare a far la via della Marca più tosto
che di Toscana, è grave, non fate più caso del dolor mio, che
dell’incomodo vostro; s’è leggero, non v’amo tanto poco ch’io
non vi preghi e scongiuri a sostenerlo perch’io non sia privo di
questa infinita consolazione di vedervi. Potrei lamentarmi
di voi che abbiate voluto accorarmi e atterrirmi p[er] un sospetto
che non vi doveva p[er] nessunissima guisa entrare in mente,
quando prima non aveste saputo ch’io fossi impazzito. Potrei
ricordarvi le promesse vostre tali e tante, che non le potete man-
dare a male p[er] qualsivoglia motivo, senza bruttare la vostra
fede. Ma quelle cose ch’io potrei dire le lascio pensare a voi.
Comunque procederete, non potrete fare ch’io non v’ami, e sem-
pre, e ardentemente. Passato Agosto, quando io non v’abbia
veduto, aspettatevi una mia lettera a Roma. Addio, addio.