Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/412

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esser prete, ma l’abito, come l’ho portato finora/ così posso continuare a portarlo qualche altro tempo, e a Roma, partico- larmente ne’ principii, non si domanda altro che l’abito. Il fatto sta che qualunque luogo mi dia tanto da vivere mediocrissima- mente sarà convenientissimo p[er] me, nè io penso di poter uscire di questa caverna senza spogliarmi di molte comodità che non mi vagliono a niente senza l’aria e la luce aperta; io voglio dire la vista e il commercio di quel mondo e di quegli uomini fra’ quali io son nato, e la conversazione di gente che dia mostra di vivere, e quel ch’è più, d’avere intelletto, il quale se in pochi sarà splendido, certo in niuno può esser così rugginoso e negletto com’è fra noi. Carlo vorrebbe sapere, non già precisamente, che questo s’in- tende bene che non lo potete sapere nemmen voi, ma in genere se stimate che la milizia di Torino che gli proponevate poco addietro,5 possa provvederlo subito di tanto che basti p[er] vivere, benché strettissimamente, a ogni modo senza mancare del bisognevole. Ma oramai mi vergogno di parlar tanto di noi. Delle vostre brighe e malinconie vorrei che mi diceste come vadano. Mio caro, io sento riaprirmi l’anima al ritorno della pri- mavera, che certo due mesi addietro, era stupido oppresso insen- sato in modo, ch’io mi facea maraviglia a me stesso, e dispe- rava di provar più consolazione in questo mondo. Senza fallo io spero che vi sentiate meglio anche voi, contemplando questa natura innocente, fra la malvagità degli uomini, dei quali, o mio dolcissimo, io non vedo poi che vi dobbiate dar tanto pensiero se vogliono essere scellerati. Basta che voi siate più diverso da costoro che la luce dal buio, nè vi manca uno che amandovi più di se stesso, è risoluto mentre viva di imitarvi. Così Dio lo salvi dalla pestilenza, e non si guasti col tempo quello che dovrebbe prosperare, io dico i semi della virtù che s’è studiato di raccorre nella giovinezza. Del vostro Discorso non vi scrissi più che tanto, perchè da un giorno all’altro voglio metter mano a dirne quel che saprò in un articolo da mandarlo, come vi dissi, a Roma al Perticari, che mi vuole nel numero de’ corrispondenti del suo Giornale. Tra il sonno e gli studi non m’avanza un momento