Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/447

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(umanamente parlando) per loro e per me, ch’io non fossi nato, 0 fossi morto assai prima d’ora. Così ha voluto la nostra disgra- zia. Addio, caro, addio.

242. A Monaldo Leopardi.
[s.d., ma Recanati, fine di luglio 1819]

Mio Sig. Padre. Sebbene dopo aver saputo quello ch’io avrò fatto, questo foglio le possa parere indegno di esser letto, a ogni modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare di sentir le prime e ultime voci di un figlio che l’ha sempre amata e l’ama, e si duole infinitamente di doverle dispiacere. Ella conosce ine, e conosce la condotta ch’io ho tenuta fino ad ora, e forse, quando voglia spogliarsi d’ogni considerazione locale, vedrà che in tutta l’italia, e sto per dire in tutta l’Europa, non si troverà altro giovane, che nella mia condizione, in età anche molto minore, forse anche con doni intellettuali competentemente infe- riori ai miei, abbia usato la metà di quella prudenza, astinenza da ogni piacer giovanile, ubbidienza e sommessione ai suoi geni- tori, ch’ho usata io. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch’Ella sa, e ch’io non debbo ripetere. Ella non ignora che quanti hanno avuto notizia di me, ancor quelli che combinano perfettamente colle sue massime, hanno giudicato ch’io dovessi riuscir qualche cosa non affatto ordinaria, se mi si fossero dati quei mezzi che nella presente costituzione del mondo, e in tutti gli altri tempi, sono stati indispensabili per fare riuscire un giovane che desse anche mediocri speranze di se. Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch’io vivessi tuttavia in que- sta città, e com’Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. Certamente non l’è