(umanamente parlando) per loro e per me, ch’io non fossi nato,
0 fossi morto assai prima d’ora. Così ha voluto la nostra disgra-
zia. Addio, caro, addio.
[s.d., ma Recanati, fine di luglio 1819] |
Mio Sig. Padre. Sebbene dopo aver saputo quello ch’io avrò
fatto, questo foglio le possa parere indegno di esser letto, a ogni
modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare di sentir
le prime e ultime voci di un figlio che l’ha sempre amata e l’ama,
e si duole infinitamente di doverle dispiacere. Ella conosce
ine, e conosce la condotta ch’io ho tenuta fino ad ora, e forse,
quando voglia spogliarsi d’ogni considerazione locale, vedrà che
in tutta l’italia, e sto per dire in tutta l’Europa, non si troverà
altro giovane, che nella mia condizione, in età anche molto
minore, forse anche con doni intellettuali competentemente infe-
riori ai miei, abbia usato la metà di quella prudenza, astinenza
da ogni piacer giovanile, ubbidienza e sommessione ai suoi geni-
tori, ch’ho usata io. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione
di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà
negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi
hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch’Ella
sa, e ch’io non debbo ripetere. Ella non ignora che quanti hanno
avuto notizia di me, ancor quelli che combinano perfettamente
colle sue massime, hanno giudicato ch’io dovessi riuscir qualche
cosa non affatto ordinaria, se mi si fossero dati quei mezzi
che nella presente costituzione del mondo, e in tutti gli altri
tempi, sono stati indispensabili per fare riuscire un giovane che
desse anche mediocri speranze di se. Era cosa mirabile come
ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me,
immancabilmente si maravigliasse ch’io vivessi tuttavia in que-
sta città, e com’Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione,
e persistesse in quella irremovibilmente. Certamente non l’è