Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/463

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la fretta del poeta, sarebbe in qualche oscurità che m’è paruto qua e là di scorgere. Per esempio nella quarta stanza dove dite: «E qual morendo nuvoletta suole, Empir di luce, di lontano acceso Offre ec. » i lettori, se non fallo, crederanno da princi- pio che quella nuvoletta sia primo caso, e non quarto, onde ripor- tando l’azione dell'empir di luce alla nuvoletta, e non al sole, ne nascerà una confusione, da cui non sapranno distrigarsi se non dopo la seconda o la terza lettura. Così almeno è accaduto a me, ed io vi porto l’esempio mio come quello di uno del volgo, per cui deve scrivere, come ben sapete, il poeta. Se vi piacesse, direi: «E come far di nuvoletta suole, Tal degli estremi rai da lunge acceso Offre ec.» Voi scherzate certamente nei nomi e nelle qualità che mi attribuite. Potete valervi di me come il Moliere si valeva di quella vecchierella a cui leggeva le sue com- medie. In questo ufficio posso servirvi, in tutt’altro sono inca- pace, benché desideri grandemente di mostrarmi col fatto

Vostro sincero Amico
Giacomo Leopardi

P. S. So che voi questa volta siete informato a mio riguar- do di alcune cose che ignoravate quando vi portaste qua pochi giorni addietro. Non sapendo le mie ragioni, vi prego a sospen- dere il vostro giudizio. Ho scritto lungamente al conte Save- rio, e s’egli vorrà mostrarvi la mia lettera, potrete intendere come io abbia pensato e pensi; se non vorrà, spero che non perciò mi farete torto nella vostra opinione, senza conoscere la natura della cosa se non per le relazioni di una sola parte. Io desidero di conservarmi tutta intera la vostra stima.

252. Di Venanzio Broglio d’Ajano.
[Recanati] Li 21. Agosto 1819

Mio Caro Contino, io parto a momenti. Ieri sera mi sfuggiste, onde non seppi quanto avevate posto di generosità sul mio franco proce-