me, che non so temere che mi voglia lasciar povero di qualunque pro-
duzione del suo bellissimo ingegno; e una tal cosa dopo avermi tanto
beneficato. Si ricordi, che io sono contento, che crescano gli obblighi
miei colle poche persone che affettuosamente riverisco. Signor Conte,
è vero, ho detto, che chi dirà di questi giorni non potrà encomiarci
che nelle lettere e nelle scolture; e io avea l’occhio alle cose sue e di
Canova; e sempre più ho ragione di confermarmi nella mia sentenza.
Le lagnanze, che da Lei si fanno, che perduta sia qualunque speranza
di potere immaginare novellamente, e che più non si sappia nè di
affetto, nè di eloquenza, non troveranno maggiori obbiezioni che nelle
stesse scritture sue. Mi rincresce il divieto fatto alla Canzone più che
per altro per quelli che si compiacciono delle nostre lettere amene. Chi
sa che le cose, che appartenevano a queste esclusivamente, abbiano
ricevuta una interpretazione diversa di molto. Ma ad ogni modo la
situazione del popolo si conosce dalle leggi, che lo comandano.
Qui si vive quietissimamente. Ogni giorno passaggio di novella
truppa. Non so se verrà essa a farsi vedere in cotesti paesi ancora.
Con sincerissimo animo le prego salute perfetta e pace, onde possa
Ella con vantaggio pure di molti deliziarsi di que’ vetusti divini a cui na-
tura parlò senza svelarsi, e a’ quali Ella si fa d’appresso con tanto diritto.
Mi confermo sempre allo stesso modo con grandissima estimazione
ed ossequio
Suo Ossmo Affmo Servitore. Leonardo Trissino |
337. |
Di Ferdinanda Melchiorri. |
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Caro Nepote.
Veramente mi sono fatta pregare un poco per scrivervi, è vero, ma
alla fine mi ci sono indotta. Il caldo l’occupazioni, la vista, sono tte
scuse pur troppo vere, ma da non valutarsi tanto allorché [sic] il cuore
è interessato. Caro Giacomo credetelo che vi scriverei ogni ordinario
se non credessi di annojarvi, e se avessi a persuadervi della sensibilità
del cuor mio per voi, quello potrebbe succedere, questo credo sarebbe
inutile giacche [sic] voi dovete esserne persuaso. Comunque sia però
io mi lamento di voi per due cose, la prima che nelle vre Lettere pare
titubiate sulla mia affezione, vi date a credere di non meritarla, ed