Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/696

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dono l’ingiuria che mi fai per una sola ragione: che io pure aveva for mato, quantunque appena me lo confessassi, un sospetto simile di te, Ognuno di questi distrugge l’altro, e rende inutile qualunque dichia razione. Ora senti quanto tu mi sei indifferente. Io ti vidi partire con una freddezza ricercata: già sai da quanti dispiaceri il mio cuore era reclamato tutto intiero; ti dissi addio, ti strinsi la mano, e volsi il pen- siero altrove; ma appena ti vidi salito in legno cominciai a rimprove- rarmi di non esser disceso per accompagnarti un lungo tratto di strada, ma era sì fortemente ritenuto! allora mi si affacciò tutto in un momento il primo terribile assalto di dolore - allora cominciò la mia agonia. In quei momenti, Giacomo mio, che ancora tremo a ricordarmi, in quei momenti in cui io soldato agguerrito contro tutte le disgrazie umane dovetti darmi per vinto come un fanciullo, io era come con- vulso, strascinai strascinato giù per le scale, appoggiai per l’ultima volta chi non ho più riveduto, salutai, e vidi allontanarsi - in somma io t’ho sempre detto che il mio cuore è indomabile, e quando credo di averlo finalmente soggiogato, mi esce fuori con certi impeti così impre- veduti e nuovi che mi è impossibile di fargli resistenza. Sapete già come io son fatto, e in questo momento riderei con voi della mia debolezza, ma quel che ho patito è storia - no non vorrei trovarmi di nuovo in quel momento che restai solo, e nel tornare a casa non sapeva come fare a tenermi dal piangere parlando con varie persone, e diceva quasi macchinalmente: sì - Giacomo mi dispiace che sia partito - siamo stati sempre insieme; e cercava di ridere. A casa poi l’afflizione immensa che mi sentiva non potè più contenersi; detti in smanie e gemiti così forti che mi pregavano a calmarmi, ma che vuoi? mi sentiva così infe- lice, ed era così impossibile ogni rimedio, che l’idea di consolarmi non mi passava per la mente: io vedeva tutta la lunghezza e l’estensione del male, e gli andava incontro, e mi ci ravvolgeva con una specie di ferocia. Io era debolissimo, non avea preso cosa alcuna, e dopo aver delirato tutta la notte sopra una lettera di congedo la più frenetica che abbia mai scritto, interrompendomi con urli che io temeva conti- nuamente che ti svegliassero, non aveva più forza nemmeno di pian- gere: lo crederai? appena mangiato un poco a pranzo, il pensiero mi si rinvigorì, e questa è un’osservazione che feci anche nei giorni suc- cessivi: colle forze che mi dava il cibo mi rialzava sensibilmente la feb- bre del dolore, tanto che in fine della tavola io non poteva più resi- stere a dei singhiozzi che pareva volessero rompermi il petto. Sta certo che tutto quel che ti dico è esattamente vero: per più giorni non sono