Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/697

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stato padrone di uscire senza che le lagrime mi grondassero per forza secondo che i luoghi mi destavano qualche rimembranza, per quanta gente potessi incontrare. La sera stessa poi che eri partito mi venne un pensiero nuovo fra i mille che mi assediavano - Come! tutto ciò che amo non è distante da me che due o tre ore di viaggio, e non lo rivedrò? volevo subito dopo cena correre per le poste a Tolentino, vedervi un’altra volta prima che partiste, ed essere a giorno in Reca- nati. Dopo varj tentativi inutili per trovare sul mom.° il denaro neces- sario mi ritirai stanco e disperato a casa, - se sapesti questo solo pro- getto come mi avea rinfrescato! non sentiva più nulla: ma vedendo impossibile di eseguirlo, mi convenne rassegnarmi ad una miserabile quiete: i miei occhi erano 48 ore che non s’erano più chiusi: finalmente dovetti cedere alla natura - e obbliare per qualche momento ciò che mi parea delitto di non aver sempre davanti gli occhi. - Che giorni, Buccio mio, di dolore memorabile! Ti giuro che non posso anche in questo momento ritoccare queste cose senza un ribrezzo infinito: più volte ho cercato di trovare un’idea che esprimesse l’effetto morale e fisico che sentiva in me, nè ho mai saputo trovare che questa: mi pareva di essere dentro un sepolcro, e di camminare sotto un’aria cieca e pesante come può essere sotto terra; i miei occhi sempre gonfi sem- brava che si ricusassero alla vista con un effetto tutto simigliante a quello che forse ti ricorderai di aver visto sul teatro nel Furioso per Amore: tutto attorno a me era irrespirabile e antivitale, non v’era un soffio abbastanza leggiero per servire alla vita; eppure sentiva di esi- stere, ma come può sentirlo un asfisiaco, o un sepolto vivo - questa sola imagine mi pare che potesse render conto della mia situazione. - Al presente il tempo ha cominciato a operare, e ha ridato il loro posto ai miei principi che tu conosci perfettamente. D’altronde, mi son detto, m’addolorerò io per le mie perdite? io non l’ho mai costu- mato - i miei cari non ne hanno fatta alcuna, anzi stanno meglio. - La tua lettera nello smentirmi mi ha dato un vivo rammarico. Sen- limi, caro Buccio, non è vero primieramente che l’animo ti si sia intor- pidito come ti lagni, mentre scrivi con tale ardore. Questo è uno dei soliti giuochi del nostro carattere: trovarsi alla meta di un desiderio già sai che per noi è un veleno. Ti compatisco poi di cuore, e ti credo in tutto ciò che mi dici sui disgusti del tuo viaggio e del tuo soggiorno. In quanto al primo, io li vedeva di qui tutti anche più dettagliati: quelli del secondo ti confesso che mi son riusciti nuovi, perchè non sapeva supporre che la vita perpetuamente precaria che vedeva tenersi in Reca-