simo, e mi diverto sino a un certo segno. Vorrei sentire altret-
tanto di voi. Caro Zio, credetemi ch’io v’amo di tutto cuore,
e che le distrazioni di Roma non m’impediscono d’avervi pre-
sente alla memoria. Avrei voluto scrivervi prima, ma io posso
disporre di poco tempo, perchè ad ogni momento, ora questo
ora quello mi viene a prendere in casa, e tutta la giornata si
consuma in girare e vedere. Abbiate cura della vostra salute,
ve ne prego con tutta l’anima, e s’è possibile, distraetevi, che
la distrazione è la miglior medicina per voi e per me. Voglia-
temi bene, caro Zio mio, e se potessi servirvi in qualche cosa,
comandatemi. Vi bacio la mano, e mi protesto
vostro affettuosissimo e obbligatissimo nipote.
Giacomo
Roma 14 Decembre 1822
Carlo mio. Se non siete persuaso di quello ch’io cercai di pro-
varvi nell’ultima mia, n'en parlons plus. Io v’accerto che non
solo non ho provato alcun piacere in Roma, ma sono stato sem-
pre immerso in profondissima malinconia. Non nego però che
questo non venga in gran parte dalla mia particolare costitu-
zione morale e fisica. V’accerto ancora che quanto alle donne,
qui non si fa niente nientissimo più che a Recanati. V’accerto
che gli spettacoli e divertimenti sono molto più noiosi qui che
a Recanati, perchè in essi nessuno brilla, fuori dello stesso spet-
tacolo e divertimento. Questo è il solo che possa brillare, e non
si va allo spettacolo se non puramente per veder lo spettacolo,
(cosa noiosissima), oppure per trattenersi con quelle tali poche
persone che formano il piccolo circolo di ciascheduno; il qual
piccolo circolo s’ha nelle città piccole meglio ancora che nelle
grandi, e certamente nelle grandi è più ristretto che nelle pic-
cole. Ma venghiamo a cose più allegre. Primieramente io non