E finalmente non voglio che ti disperi; perchè dentro un giorno
può svanire la causa delle tue malinconie, e questo è probabi-
lissimo che avvenga; anzi è facilissimo; anzi, andando le cose
naturalmente, è certissimo. Quello ch’io potrò per te, devi cre-
dere che lo farò. Intanto divertiti. Credi tu ch’io mi diverta
più di te? No sicuramente. Eppure in questi ultimi giorni ho
fatto, e seguo a fare, una vita molto divagata. Ma tieni per certa
questa massima riconosciuta da tutti i filosofi, la quale ti potrà
consolare in molte occorrenze; ed è che la felicità e l’infelicità
di ciascun uomo (esclusi i dolori del corpo) è assolutamente uguale
a quella di ciascun altro, in qualunque condizione o situazione
si trovi questo o quello. E perciò; esattamente parlando, tanto
gode e tanto pena il povero, il vecchio, il debole, il brutto, l’igno-
rante, quanto il ricco, il giovane, il forte, il bello, il dotto: per-
chè ciascuno nel suo stato si fabbrica i suoi beni e i suoi mali,
e la somma dei beni e dei mali che ciascun uomo si può fabbri-
care, è uguale a quella che si fabbrica qualunqu’altro.
Forse, volendoti consolare, t’avrò annoiata con tanta filoso-
fia. In ogni modo stammi più allegra che puoi, ed aspettami,
ch’io ti consoli a voce; se pur già a quell’ora non sarai consolata
dalla fortuna. Saluti ai genitori, ai fratelli, a Carlo in partico-
lare. Io sto bene, e ti amo. Addio.
509. |
A Francesco Cancellieri. |
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[s.d., ma Roma, fine di gennaio 1823] |
Stimatissimo Sig. Abate Padrone ed Amico
Cercando di soddisfare al mio impegno circa il proccurare
ai due Signori suoi amici l’ingresso ai Funerali di Canova,1 ho
saputo che non si dispensano biglietti, ma è necessario essere
introdotto da qualcuno degli Accademici promotori della fun-
zione, i quali hanno una nota delle persone che vogliono intro-
durre. La prego dunque di farmi sapere i nomi dei due predetti
Signori, ch’io non ho bene a memoria. Cercherò, quanto sarà