[s.d., ma Roma, 13 marzo 1823] |
Eminentissimo Principe
Incoraggiato dai luminosi esempi di sua generosa benevolenza
verso quei sudditi Pontificj che in qualche modo si affaticano
per li progressi de’ buoni studj, supplico l’Eminenza Vostra Reve-
rendissima a rivolgere anche sopra di me i suoi benefici sguardi.
Essendomi finora applicato alle lingue classiche e a quelle
materie che più direttamente dipendono dalle medesime, ho pur
troppo conosciuto che dovrei rinunziare ad ogni speranza di ulte-
riori avanzamenti se continuassi a vivere in Recanati mia patria.
D’altronde mio padre aggravato di prole, e per le passate
vicende attenuato di rendite, non ha mezzi di mantenermi in
altro luogo dove la società d’uomini di Lettere, e il soccorso
de’ libri possano perfezionare le mie deboli cognizioni.
Sarebbe pertanto mia fervida brama di giungere a questo
scopo coll’esercizio di qualche impiego amministrativo, nel quale
servendo fedelmente lo Stato, avessi il modo di servire ancora,
secondo le scarse mie forze, all’incremento di quelle scienze a
cui mi sono dedicato.
Veggo che niun impiego potrebb’essere più confacente alle
mie mire ed alla mia ristretta capacità, che quello di Cancellie-
re del Censo in qualche importante Capo-luogo di Delegazione.
E se attualmente non ve n’ha alcuno vacante, non manca certa-
mente all’Eminenza Vostra Reverendissima il modo di supplire
a ciò, conferendo ad alcuno degli attuali Cancellieri del Censo
qualche equivalente impiego che fosse ora vacante o per vacare.
Supplico l’Eminenza Vostra a perdonare colla sua tanto accla-
mata bontà il mio ardire, ed attribuirlo alla fiducia che m’ispira
il suo gran cuore, permettendomi intanto di segnarmi con pro-
fonda venerazione e gratitudine
Di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo, Devotissimo, Obbligatissimo Servitore
Giacomo Conte Leopardi