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Di Giuseppe Melchiorri. |
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Caro Giacomo.
Spero che mi perdonerai se lo scorso ordinario non ti risposi, poi-
ché le molte occupazioni me lo hanno impedito. Ora sono con te. Rice-
vei nella tua ultima l’articolo per de Romanis, il quale ti ringrazia, e
qualora si risolva a stamparlo (poiché trovalo alquanto amaro, benché
veridico) non porrà che il nome finto, ne paleserà ad alcuno il vero
nome dell’autore. I stamponi non hanno ancora avuta da me la seconda
correzione, perciò subito che saranno all’ordine ti saranno spediti.
Intanto però se puoi cogliere qualche occasione, puoi farmene avvi-
sato. Crederai che ancora non ho potuto parlare a Capaccini? Vi sono
stato varie volte ma inutilmente, ed avendogli lasciato detto giorni
fà, che ci sarei tornato, al mio ritorno mi lasciò detto che aveva già
capito, e che non dubitassi. Ciò non ostante non sono tranquillo se
non lo vedo, e ci parlo, il che spero poter fare a momenti. Torna i
saluti al Zio, a Carlo, ed a Paolina, e dì loro che non v’è nulla di nuovo,
e che il Cavaliere mi ha soltanto promesso, che appena potrà togliersi
dall’impegno di Bologna, non entrerà con altri in trattative che con
noi. Ti ritorna intanto i saluti cordialissimi. Cardinali fa lo stesso; de
Mattheis non l’ho veduto, ma subito che lo vedrò avrà la sua parte
ancor lui. La mia salute è ottima. I studi al solito. Le Lapidi Vaticane
delle quali si stà incidendo la prima tavola. Circa Varrone egli dorme,
e vedo bene che dovevo darti ascolto nel non fidarmi di quel ciarla-
tano di Fiorentino, che mai mi ha scritto, nè sò più nulla nè di lui
nè del Varrone. Così che a ragione manderei al diavolo tutta Toscana,
paese di ciarlatani.
Mons. Mai ha publicato il Frontone;1 non posso però parlartene
poiché non l’ho ancora letto. Se ti occorre scrivimelo, ed io te lo man-
derò. Pippo ti saluta, e mi dice che assolutamente ponghi mano al com-
pimento dell’Anabasi che egli la stamperà sicuramente. La tua memo-
ria o mio Giacomo è sempre in me viva, e nel dispiacere della tua
lontananza, non provo altro sollievo che vedere spesso i tuoi carat-
teri. Non esser perciò scarso di tue lettere. Quando mi scrivi ricordati
di mandarmi copia esatta di que’ frammenti d’iscrizioni che mi dici
possedere. Addio. Amami caro Giacomo, e ricordati del
Tuo Affmo A.
G. Melchiorri