Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/138

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1137. Ad Antonio Fortunato Stella.
Firenze, 8 Settembre 1827.

Signore ecl amico carissimo, Rispondo alla sua amatissima del primo. Fo conto che a quest’ora ella sarà al suo Gaggiano, e si godrà i piaceri della campagna. Io qui ho avuto il bene di conoscere personalmente il signor Manzoni, e di trattenermi seco a lungo: uomo pieno di amabilità, e degno della sua fama. Dal Piatti non ho avuto nè aspetto nulla, ed io non son un uomo da tornargliene a chiedere. In caso di estrema necessità, mi pre- varrò questa volta del mezzo che ella mi suggerisce di qualche banchiere; e gliene darò avviso contemporaneamente. Non sono ancora ben risoluto circa i miei quartieri d’inverno. La mia salute, che peggiora ogni giorno, il gran danno che mi fa il freddo e l’impossibilità in cui sono di far uso del fuoco, vorrebbero che io cercassi un clima caldo; ma quale? Ella mi ami e curi la sua salute, che il buono stato di questa mi consolerà della perdita della mia. Mille complimenti alla sua famiglia, e l’abbraccio con tutta l’anima.

1138. Di Francesco Puccinotti.
[Macerata 8 7inbre 1827]

Caro Leopardi La tua ultima mi ha molto addolorato. Ti sento oppresso da gra- vissima melanconia; e perchè so quanto è potente in te la ragione, vedendo come questa ne resta vinta, mi fa temere ch’essa derivi da qualche fisica indisposizione di salute. Ma come? In cotesta bella Firenze dove tanti sono gli oggetti da occupare piacevolmente uno spi- rito coltissimo quale è il tuo, come annoiarti? Forse appunto perchè è coltissimo egli non gusta più piaceri, e dove per lui non è dolore trova subito la noja? O forse l’entrare in Santa Croce t’ha mosso nell’animo 11 desiderio di riposare eternamente la vita con que’ grandi che ivi hanno sepolcro? Oh mio Leopardi non è ancor tempo. Morire certo poco