Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/196

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le dichiarai apertamente la mia intenzione circa l’inverno futuro, e se in qualche modo le feci credere che lo avrei passato a casa, ciò fu perchè io stesso non ne sapeva niente di più, e fui sem- pre indeciso sopra questo punto fino al momento che partii da Firenze per Pisa. Di questa mia risoluzione non scrissi a Lei direttamente ma a Paolina, immaginandomi che la lettera sarebbe stata comune a tutta la famiglia, ma presentata principalmente a Lei: e d’altronde supposi, anche per l’espressioni delle sue let- tere passate, che circa la mia risoluzione Ella mi lasciasse in libertà di appigliarmi a quella che fosse più convenuta alla mia salute. Il viaggio da Firenze a Recanati non avrebbe potuto essere senza mio grave imbarazzo di borsa, e più grave incomodo di salute, trattandosi di cinque giorni, tra montagne, nello stato in cui mi trovavo allora. Il soggiorno poi di Recanati nell’in- verno, quanto mi sarebbe stato caro per la presenza e la com- pagnia sua e de’ miei (che io preferisco ad ogni piacere), altret- tanto, senza il minimo dubbio, mi sarebbe stato micidiale alla sanità. Ella si può bene accertare che l’uso del camminetto mi è impossibile assolutamente e totalmente; giacché anche lo scal- dino, il quale adopro con moderazione infinita, m’incomoda assaissimo, e il colore della mia orina è costantemente di fiamma, bench’io non beva che acqua. Ma prescindendo dal fuoco, in Recanati non avrei potuto vivere se non in casa, perchè costì non v’è mai giorno senza vento o nebbia o pioggia: e se per mira- colo si ha una giornata buona, io non posso passeggiare a causa del sole, giacché non v’è ombra nè in città nè fuori. Un inverno passato in casa, e tutto (com’è naturale) a studiare, mi avrebbe rovinato i nervi degli occhi, e lo stomaco, e collo stomaco l’in- tera salute, in modo da farmi poi passare un’estate infelicissima, come ho passato quest’ultima, come mi accadde prima ch’io par- tissi per Milano, come ho provato sempre da che sono uscito dalla fanciullezza. Qui non v’è mai vento, mai nebbia; v’è sem- pre ombra, come in tutte le città grandi; e se si hanno giornate piovose, essendo io padrone delle mie ore, e di pranzar la sera (come fo sempre), è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare. In fatti, da che sono in Pisa,