Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/199

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di Patologia induttiva. Sentiremo il parere dei dottoroni della Tavola ritonda intorno questa nuova mia fatica. Certo è però che nelle cose mediche il tedio e la lunghezza del lavoro non è mai compensato con equità. Il Vieusseux ha posto anche ultimamente un articolo di medicina del Mamiani (meschinello scrittore) nella sua Antologia. Mesi fa ve ne pose altro non breve del Paoli sopra l’opera delTEdwards degli agenti fisici sulla vita e altro del Manni sulle asfissie. Quindi non a’ statuti de’ collaboratori, ma a ragioni occulte debbo attribuire il suo rifiuto dell’articolo del Tonelli. Comunque sia quel mio povero Comentario è stato la vittima d’una congiura che ha chiuse le vie anche alle difese. Tal sia di lui. Non me ne adiro gran fatto sperando nel tempo. Ho letto in un giornale che tu stai compilando una Crestomazia di prose italiane. Tu dunque e Dio ti benedica hai in animo eli adem- pire al voto fatto da Giordani nella lettera a Gino Capponi. Io però ti dirò sempre ciò che fu già detto al Malpighi, e che contribuì alla sua gloria. Tu sei nato ad inventare, a far avvanzare e amplificare il sapere per cose tue, per parti del tuo proprio intelletto; e non devi spendere il tempo e la vita nel fare Rapsodie. La tua salute, per il pre- potente impero dell’abitudine, si reggerà se tu studii e lavori; ma tra- lasciando questo alimento a’ tuoi nervi, essi si sconcerteranno sempre più, e tu ne sarai molestato in modo alla fine insopportabile. Lodo che tu dia qualche tregua alle tue occupazioni letterarie; ma non sarei mai per lodare che tu le lasciassi affatto, temendole affatto contrarie alla salute tua. Addio mio caro Leopardi. T’ho scritto dopo pranzo; quando cioè il licor di Lièo ci pone in una piacevole dimenticanza del Salviati del Varchi del Buonmattei del Facciolati e d’ogni altro tiranno delle nostre libere penne. Addio Il tuo Puccinotti Macerata il dì di Natale del 1827

1200. Di Gian Pietro Vieusseux.
Firenze 27 Xbre 1827

Vi scrivo, mio carissimo Leopardi, perchè non sono ancora sicuro di potervi abbracciare pel capo d’anno, come me n’era lusingato: gli