Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/219

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1224. Ad Antonio Papadopoli.
Pisa 25 Feb. 1828

Mio carissimo. La tua dei 10 mi ha fatto molto piacere, e più me ne avrebbe fatto se avesse portato qualche notizia della tua salute e delle tue occupazioni presenti. Ho veduto il romanzo del Manzoni, il quale, non ostante molti difetti, mi piace assai, ed è certamente opera di un grande ingegno; e tale ho cono- sciuto il Manzoni in parecchi colloqui che ho avuto seco a Firenze. E un uomo veramente amabile e rispettabile. Ho veduto ancora il poema della Malvezzi. Povera donna! Aveva veduto già il manoscritto. Lo Strabone e il Sinesio non li ho veduti. Io sto piuttosto bene che male; e sono contentissimo di que- st’aria. Studiare e lavorare, sono cose che ho dimenticate, e dalle quali divengo alieno ogni giorno più. Con questa razza di giu- dizio e di critica che si trova oggi in Italia, coglione chi si affa- tica a pensare e a scrivere. Scrivere poi senza affaticarsi punto e senza pensare, va benissimo, e lo lodo molto, ma per me non fa, e non ci riesco. Una raccolta delle mie traduzioni dal greco, mi è stata anche fatta proporre da un libraio della Marca. Non so se avrò voglia di darmene pensiero. Addio. Voglimi sempre bene, e credimi tutto tuo. G. Leopardi

1225. A Carlo Pepoli.
Pisa 25 Feb. 1828.

Mio carissimo. Non prima che l’altro ieri ebbi da Firenze i tuoi versi, i quali ho letto e riletto con piacer grande, prima perchè son cose tue, poi perchè mi dimostrano l’amore che tu mi porti, finalmente perchè mi allettano assai quella malinco-