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Ad Antonio Papadopoli. |
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Mio carissimo. La tua dei 10 mi ha fatto molto piacere, e
più me ne avrebbe fatto se avesse portato qualche notizia della
tua salute e delle tue occupazioni presenti. Ho veduto il romanzo
del Manzoni, il quale, non ostante molti difetti, mi piace assai,
ed è certamente opera di un grande ingegno; e tale ho cono-
sciuto il Manzoni in parecchi colloqui che ho avuto seco a
Firenze. E un uomo veramente amabile e rispettabile. Ho veduto
ancora il poema della Malvezzi. Povera donna! Aveva veduto già
il manoscritto. Lo Strabone e il Sinesio non li ho veduti.
Io sto piuttosto bene che male; e sono contentissimo di que-
st’aria. Studiare e lavorare, sono cose che ho dimenticate, e dalle
quali divengo alieno ogni giorno più. Con questa razza di giu-
dizio e di critica che si trova oggi in Italia, coglione chi si affa-
tica a pensare e a scrivere. Scrivere poi senza affaticarsi punto
e senza pensare, va benissimo, e lo lodo molto, ma per me non
fa, e non ci riesco. Una raccolta delle mie traduzioni dal greco,
mi è stata anche fatta proporre da un libraio della Marca. Non
so se avrò voglia di darmene pensiero.
Addio. Voglimi sempre bene, e credimi tutto tuo.
G. Leopardi
Mio carissimo. Non prima che l’altro ieri ebbi da Firenze
i tuoi versi, i quali ho letto e riletto con piacer grande, prima
perchè son cose tue, poi perchè mi dimostrano l’amore che tu
mi porti, finalmente perchè mi allettano assai quella malinco-