Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/245

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1255. A Gian Pietro Vieusseux.
Pisa 14 Maggio 1828

Mio carissimo Vieusseux Sono propriamente sensibile alla cordialità che vi muove a prender la pena di scrivermi così minutamente sopra il mio pic- colo affare. Il Sig. Pedeville troverà altre persone più ricche e meno esigenti di me, che accettino le sue condizioni. La bel- lezza del quartiere non è cosa che importi a chi vive dimenti- cato, e noto solamente agli amici. Io tornerò alla mia Locanda, dove pagherò assai meno, e mangerò come, dove, e quando vorrò, come feci costì l’anno scorso, e come fo qui. Sto con una maledetta riscaldazione di gola, di capo e di petto, che mi dà una gran pena; e sono tre giorni che, per cacciarla via, non pranzo, non esco di casa, non lavoro, fo una vita orrenda. Ho veduto il Mayer, e mi dispiace che non ho potuto goder molto della sua conversazione. Io non poteva nè anche parlare. Addio, carissimo. il vostro Leopardi

1256. Di Monaldo e Carlo Leopardi.
Recanati 16. Maggio 1828.

Mio Carmo Figlio. Dalle poche righe vostre dirette a Paolina ' vedo che non mi sono ingannato giudicando del vostro cuore. Quando noi qui ci trovavamo nella maggiore desolazione, io pensavo a voi, e dicevo a tutti, il povero Giacomo adesso pensa a noi e alla nostra festa di San Leopardo, e non sà come questi giorni festosi sono convertiti per noi, e lo saranno fra poco per lui in giorni di lutto e di pianto interminabile. Appena si dichiarò la malattia del nostro caro Luigi, io incominciai a tremare per il giorno della Santa Croce sospettando che il Signore lo desti-