1255. |
A Gian Pietro Vieusseux. |
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Mio carissimo Vieusseux
Sono propriamente sensibile alla cordialità che vi muove a
prender la pena di scrivermi così minutamente sopra il mio pic-
colo affare. Il Sig. Pedeville troverà altre persone più ricche e
meno esigenti di me, che accettino le sue condizioni. La bel-
lezza del quartiere non è cosa che importi a chi vive dimenti-
cato, e noto solamente agli amici. Io tornerò alla mia Locanda,
dove pagherò assai meno, e mangerò come, dove, e quando vorrò,
come feci costì l’anno scorso, e come fo qui.
Sto con una maledetta riscaldazione di gola, di capo e di petto,
che mi dà una gran pena; e sono tre giorni che, per cacciarla
via, non pranzo, non esco di casa, non lavoro, fo una vita
orrenda. Ho veduto il Mayer, e mi dispiace che non ho potuto
goder molto della sua conversazione. Io non poteva nè anche
parlare.
Addio, carissimo.
il vostro Leopardi
1256. |
Di Monaldo e Carlo Leopardi. |
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Recanati 16. Maggio 1828. |
Mio Carmo Figlio.
Dalle poche righe vostre dirette a Paolina ' vedo che non mi sono
ingannato giudicando del vostro cuore. Quando noi qui ci trovavamo
nella maggiore desolazione, io pensavo a voi, e dicevo a tutti, il povero
Giacomo adesso pensa a noi e alla nostra festa di San Leopardo, e non
sà come questi giorni festosi sono convertiti per noi, e lo saranno fra
poco per lui in giorni di lutto e di pianto interminabile. Appena si
dichiarò la malattia del nostro caro Luigi, io incominciai a tremare
per il giorno della Santa Croce sospettando che il Signore lo desti-