d’altre cose simili; ma ho bisogno d’amore: potete immaginare
quanto conto ne faccia, e in quanto gran pregio io lo tenga, tro-
vandolo così vivo e sincero in voi e nella vostra famiglia, i quali
amerei di tutto cuore, quando anche non ne fossi amato, per-
chè così meriterebbero le vostre virtù da per se sole. Io sto non
molto bene, e questa cosa mi dispiace, perchè non posso far nulla
e non posso muovermi; ma i miei mali fin qui non son tali che
meritino l’onore di produrre un allarme. Perciò quantunque il
desiderio che ho di rivedervi sia sommo, vi dico però sincera-
mente che mi dispiacerebbe che intraprendeste il viaggio di
Firenze per sola cagion mia. Quanto alle mie nuove io non man-
cherò di darvene di mano in mano, come voi vorrete. Crede-
temi, e state sicura sul mio conto, che io non v’inganno. Del
venir io a Bologna, sapete già la cagione perchè non vengo.2
Quest’autunno (poiché ora il freddo par che mi sia meno con-
trario che il caldo) vedremo quello che potrò fare. Non tardate,
vi prego, a darmi le nuove dell’Adelaide, della quale, non ostante
quello che voi mi dite per rassicurarmi, non lascio d’essere molto
inquieto. Salutatela mille volte per me, e così l’egregio nostro
Professore, il quale ringrazio senza fine della bontà e della pre-
mura che mi significa. Datemi ancora le nuove dell’ottimo Avvo-
cato, e salutatelo per me caramente. Abbiate cura alla vostra
salute, e credetemi ch’io v’amo con tutta l’amicizia possibile;
e che del resto, siccome si possono amare in un tempo due patrie
come proprie, così io amo come proprie due famiglie in un tempo;
la mia e la famiglia Tommasini; la quale da ora innanzi, se così
vi piace, chiamerò parimente mia. Addio, mia cara Antonietta.
Il vostro Leopardi.
1305. |
Di Pietro Colletta. |
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[Presso Firenze] Dalla Villa, martedì 7. Lug. [1828] |
Caro Amico
Negli ultimi addio con Capponi ci rammentammo l’un l’altro il
Conte Leopardi. Se mi dite quando vorreste venire a riconoscere i luo-