Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/284

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ghi, manderò il legno per prendervi da città. Non usate, di grazia, con noi quelle che nel mondo si chiamano cerimonie, perchè noi non le abbiamo adoprate verso di Voi. Se un mese o più di campagna potrà giovare alla vostra salute, credete che senza il nostro più piccolo inco- modo, ci avrete fatto un gran piacere. Le debolezze sogliono allegarsi: colleghiamo tre o quattro deboli saluti, la vostra, di Gino, la mia, per comporre una mediocrità di vita tollerabile. Addio, caro Sig.1 Conte. Credete ai miei sensi di antica stima, e di calda benché recente amicizia. Serv.6 ed a.co vero Colletta

1306. A Pietro Brighenti.
Firenze 8 Luglio 1828.

Mio caro Brighenti. Dio sa quanto volentieri verrei a rive- derti a Bologna. Ma sto male, e il viaggiare, anche brevissimo, mi è impossibile. Godo assai che la tua salute sia buona, ma mi duole che i tuoi affari non vadano secondo il tuo e il mio desi- derio. Pur voglio sperare che una volta le tue tante fatiche, e la tua tanta virtù, avranno una ricompensa, se non proporzio- nata, almeno sufficiente alla moderazione de’ tuoi disegni. Tu sei pienamente padrone di continuare la ristampa delle Canzoni nel modo che ti parrà e piacerà. Coll’editor Maceratese non ho ancora concluso nulla, perchè non posso applicarmi. Non so se gli darò delle correzioni, e cose inedite; ma per ora no certa- mente. Salutami tanto tanto la tua cara famiglia. Non mi ricordo chi, mi diede speranza che presto ti avrei veduto in Firenze? Sarà egli così. Io t’amo, come sempre, carissimamente, e ti abbraccio. Addio addio. il tuo Leopardi