Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/349

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1402. A Pietro Colletta.
[Recanati 16. Dicembre 1828.]

Mio caro Generale Fra i dispiaceri che provai lasciando la Toscana fu quello di non aver potuto leggere e godere per lo meno un saggio della vostra Storia, che il giudizio degli intendenti che la conoscono, mi dimostra per opera classica e degna della posterità. Il cat- tivo stato della salute d’ambedue noi, che c’impedì questa estate passata di trovarci a nostro agio insieme, e l’indisposizione mia specialmente, che mi faceva impossibile il leggere, mi tolsero la facoltà di godere il frutto della promessa che voi mi avevate fatta, se vi ricorda, in Pisa, in casa del Cioni. Ora non vorrei che mi fosse tolto anche quello dell’altra promessa che voi mi fate nella vostra del Novembre, di consolarmi alle volte con qual- che vostra lettera. Vi prego, non lasciate senza effetto quella vostra intenzione pietosa; visitatemi di quando in quando in questa solitudine; ragguagliatemi delle cose vostre, della vostra salute, dei vostri studi. Sapete già, o dovreste sapere, che io vi stimo e vi ammiro con pochissimi altri di questo secolo, come un ingegno rarissimo e un’anima amabilissima; che vi amo in proporzione della stima che vi porto; e di qui potete argomen- tare in che pregio io sia per avere ogni lettera vostra, ogni segno di amicizia che mi venga da voi. Di me non vi curate che io parli: quest’aria mi nuoce, come ha fatto sempre, gli occhi soprat- tutto ne patiscono indicibilmente: in ogni modo questa è l’aria che mi è destinata. Voglia Dio che voi possiate darmi nuove migliori circa la salute vostra. Vi abbraccio, caro Generale, con tutta l’anima; vogliatemi bene e scrivetemi. Il vostro Leopardi Recanati 16. Dicembre 1828.