[Recanati 16. Dicembre 1828.] |
Mio caro Generale
Fra i dispiaceri che provai lasciando la Toscana fu quello di
non aver potuto leggere e godere per lo meno un saggio della
vostra Storia, che il giudizio degli intendenti che la conoscono,
mi dimostra per opera classica e degna della posterità. Il cat-
tivo stato della salute d’ambedue noi, che c’impedì questa estate
passata di trovarci a nostro agio insieme, e l’indisposizione mia
specialmente, che mi faceva impossibile il leggere, mi tolsero
la facoltà di godere il frutto della promessa che voi mi avevate
fatta, se vi ricorda, in Pisa, in casa del Cioni. Ora non vorrei
che mi fosse tolto anche quello dell’altra promessa che voi mi
fate nella vostra del Novembre, di consolarmi alle volte con qual-
che vostra lettera. Vi prego, non lasciate senza effetto quella
vostra intenzione pietosa; visitatemi di quando in quando in
questa solitudine; ragguagliatemi delle cose vostre, della vostra
salute, dei vostri studi. Sapete già, o dovreste sapere, che io
vi stimo e vi ammiro con pochissimi altri di questo secolo, come
un ingegno rarissimo e un’anima amabilissima; che vi amo in
proporzione della stima che vi porto; e di qui potete argomen-
tare in che pregio io sia per avere ogni lettera vostra, ogni segno
di amicizia che mi venga da voi. Di me non vi curate che io
parli: quest’aria mi nuoce, come ha fatto sempre, gli occhi soprat-
tutto ne patiscono indicibilmente: in ogni modo questa è l’aria
che mi è destinata. Voglia Dio che voi possiate darmi nuove
migliori circa la salute vostra. Vi abbraccio, caro Generale, con
tutta l’anima; vogliatemi bene e scrivetemi.
Il vostro Leopardi
Recanati 16. Dicembre 1828.